
La tragedia di Fedra più nera e colpevole
Giovedì noi studenti della classe 4Ac del liceo classico Vincenzo Monti abbiamo assistito alla prima assoluta dello spettacolo teatrale Fedra presso il teatro Alessandro Bonci. Il regista, Federico Tiezzi, ha rielaborato con il suo personale linguaggio la versione del mito greco, non di Euripide, non di Seneca, ma di Racine, la più nera e più colpevole: la tragedia narra la celebre storia di Fedra, vittima di un amore incestuoso e illecito per il figliastro e che dà origine ad una serie di eventi nefasti.
Le scene sono interamente ambientate all’interno del palazzo di Trezene, avvolte da un’atmosfera cupa e tenebrosa, dove il colore dominante è il nero; colore che è ripreso anche nei costumi, che non dichiarano un preciso contesto temporale. Durante lo spettacolo gli elementi della scenografia diminuiscono progressivamente fino a scomparire del tutto, mentre il gioco di luci si intensifica gradualmente guidando l’attenzione verso i punti focali dello svolgimento della storia. Il tutto è accompagnato da una musica dal tono drammatico che si interrompe bruscamente per lasciar spazio a dialoghi e monologhi lunghi e intensi recitati da attori che compaiono sulla scena singolarmente o a piccoli gruppi, come nel modello greco.
In una rappresentazione in cui la parola svolge un ruolo cruciale per la resa del dramma, il linguaggio corporeo non risulta essere da meno. I personaggi - in particolare la protagonista - affiancano a dialoghi e monologhi, sin dalle scene iniziali, accentuati movimenti fisici, grazie ai quali chi assiste alla tragedia riesce a cogliere particolari che altrimenti non sarebbe stato in grado di afferrare. La scenografia, ricca di oscurità e quasi totalmente priva di oggetti di scena, lascia spazio alla libera immaginazione dello spettatore, che ha la possibilità di interpretare in modo personale lo spazio in cui si svolge la vicenda.
Durante tutto lo spettacolo si respira un’aria di forte tensione e sofferenza, tangibile nell’interazione tra i personaggi. Ciò traspare soprattutto nella protagonista, Fedra, tormentata dal furor amoroso verso il figliastro Ippolito il quale non corrisponde al suo sentimento. Questa violenta passione costituisce il motore della trama e porta Fedra a compiere atti folli; nel susseguirsi di dichiarazioni sconvenienti, Ippolito interpreta i gesti della madre affermando che la forza delle passioni prevale sulla razionalità umana. Privata della sua ragione la donna perde la sua umanità e si trasmuta in una creatura mostruosa tanto che il termine “mostro” è quello più ricorrente e assume sfumature diverse durante la tragedia. La vicenda si sviluppa da punti di vista differenti: ogni personaggio dipinge in scena la propria veritá che talvolta appare distorta anche al loro stesso sguardo. Sta quindi allo spettatore scegliere la prospettiva dalla quale osservare e comprendere la storia.