
Una suggestiva foto dell’arcobaleno in spiaggia (foto Ravaglia)
Cesena, 16 aprile 2023 - Storie inaspettate dell’arcobaleno, fenomeno naturale che ancora non smette d’incantarci ogni volta che riappare ad arco nel cielo dopo una burrasca. “Ercbalèn”, nel nostro dialetto a ricalco dell’italiano. Suggestiva è l’origine antica di questa parola: arco del baleno (la favolosa balena), suggerisce il Dizionario Etimologico della lingua italiana, a raccontare lo stupore degli antichi di fronte alla meraviglia di questo fenomeno: come se spuntasse, immaginaria e luccicante balena da mari lontani. Non deve invece trarre in inganno l’attuale parola ‘baleno’, la velocissima luce che accompagna il fulmine: cioè il lampo. Anche nella Bibbia, Libro della Genesi, l’arcobaleno appare dopo il diluvio. Andiamo a caccia di ricordi e credenze dell’arcobaleno nella documentata tradizione romagnola della civiltà contadina di ieri. Nell’inchiesta napoleonica sulle superstizioni dei contadini in Romagna (1811) e in altre indagini sulle credenze popolari si riscontra che ancora a fine Ottocento i contadini leggevano l’arcobaleno come pronostico dell’abbondanza dei raccolti, a seconda dei colori predominanti dell’arco celeste: il rosso indicava un buon mosto per il vino, il giallo il grano, il violetto la frutta, il verde l’olio o gli erbaggi buoni, con altre combinazioni a mo’ di oroscopo produttivo. Serviva anche come pronostico metereologico: l’arcobaleno al mattino era considerato presagio di altre piogge, quello del pomeriggio annunciava bel tempo (l’arcobaleno del mattino appare ad ovest, quello pomeridiano si colora ad est). Credenze antiche, in ogni caso interessanti per chi vuol cercare di capire le nostre radici in modo non banale. E senza mai dimenticare che la credulità è ancora oggi imperversante su vari versanti molto più delicati, come la salute e le malattie: basti pensare alle tante ’pataccate’ che infuriano su Internet in odio alla scienza, trovando (purtroppo) convinti e fanatici seguaci. Meglio tornare ai colori dell’iride (che in greco significa appunto arcobaleno: l’iride è anche l’orifizio delle pupille dei nostri occhi). Rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto sono i colori dell’arcobaleno, quando i raggi di luce solare si riflettono o si rifrangono sulle gocce d’acqua sia delle pioggia sia delle cascate. La valenza simbolica di riconciliazione dell’arcobaleno è ben presente anche oggi su temi di grande attualità. Rispecchia l’arcobaleno la bandiera simbolo dei pacifisti. Riflette l’arcobaleno anche la bandiera internazionale del movimento e dell’orgoglio gay, ma con un paio di differenze: i colori non sono sette ma sei (manca l’azzurro) e la sequenza dei colori caldi è diversa. L’arcobaleno da sempre ha destato l’ammirazione di artisti e poeti e la sua eco risuona in molte canzoni. Si favoleggia che in passato ci siano stati ’cacciatori d’arcobaleno’ che cercavano di raggiungere una delle basi dell’arco celeste, sperando che indicasse la presenza di un tesoro favoloso. Ma, come scrive il linguista Gian Luigi Beccaria nel suo bel testo ‘I nomi del mondo’, l’arcobaleno non si lascerà mai raggiungere: è fatto d’aria e di colore. Come il suo nome, imprendibile, preistorico, inafferrabile.