ELIDE GIORDANI
Cronaca

Rissa tra adolescenti: violenza e spettacolarizzazione tra i giovani

Due ragazzine si azzuffano alla stazione dei bus, incitate dal pubblico. Un fenomeno di violenza e spettacolarizzazione giovanile.

Tommaso Balbi, psicologo dello sportello d’ascolto scolastico

Tommaso Balbi, psicologo dello sportello d’ascolto scolastico

Non solo nessuno ha pensato di mettersi in mezzo per farle smettere, ma dal gruppone che ha fatto da sponda al ring dove qualche giorno fa, alla stazione dei bus, due ragazzine si sono azzuffate con botte e capelli arpionati per fare male, i fischi e le voci concitate ed eccitate di chi stimolava alla rissa erano quelle più alte. E gli altri muti o a fare il tifo, davanti ad un’indecenza tra violenza e voyeurismo. E poi i video, fatti girare centinaia di volte tra uno smartphone e l’altro, quasi a condividere con orgoglio una prelibatezza.

Cosa succede ai ragazzi in queste allarmanti situazioni da disagio e mancanza di freni? Davanti alla domanda diretta sminuiscono: è solo un’occasione creata ad arte dove mostrare il proprio valore, non ci si fa veramente del male. Le forze dell’ordine sono intervenute ma il quesito resta. Che succede ai nostri giovanissimi che di questo hanno bisogno per mostrare quanto valgono?

"Non sembrava affatto una rissa premeditata - dice Tommaso Balbi, psicologo dello sportello d’ascolto di numerose scuole cesenati -, piuttosto l’esplosione di un conflitto per un ragazzo conteso. Ciò che lascia esterrefatti è che è stato il pubblico a dare il via al contesto, diventato un ring in cui chi stava intorno incitava alla colluttazione. Ed ecco la spettacolarizzazione per sentirsi qualcuno, per un follower in più, un momento di notorietà. Poi c’è la mancanza di solidarietà in chi guarda: se intervengo rischio una figuraccia, perdo la mia reputazione. Meglio dunque assoggettarsi alla massa".

Cosa c’è in questi ragazzi davanti alle cui azioni stiamo assistendo impotenti?

"Un senso di inadeguatezza, come emerge spesso dai miei colloqui clinici. Nel momento in cui sentono di non avere valore e di essere esclusi da un contesto ecco che cercano di ottenerlo in maniera clamorosa".

Come definire chi assiste incitando in quel modo?

"Chi guarda in quel momento diventa protagonista. Io c’ero, io posso raccontare, sfocia nel protagonismo di qualcosa di clamoroso. Guardando il filmato si ha netta impressione che chi assiste sia animato da una fortissima rabbia, che si esprime aizzando le protagoniste. Certi ragazzi hanno gravi difficoltà ad esprimere il loro stato emotivo. Non ci sono più le parole".

Ci sono responsabilità della società educante che possano essere individuate?

"Non voglio parlare di colpe ma l’esposizione continua dei figli al pubblico da parte dei genitori creano dei piccoli narcisi, danno risalto alle performance dei ragazzi come se la cosa più importante fosse l’apparire. Ma ai genitori, spesso, non importa tanto il valore dei figli, ma il lo stesso valore di genitori che si esprime attraverso i figli. Ciò comporta il desiderio dei ragazzi di essere sempre al centro di un evento spettacolarizzato. Oggi i genitori sembra che ascoltino di più i loro figli ma è un ascolto senza comprensione dei loro stati d’animo".

Che fare?

"Occorre che la scuola e la famiglia riscoprano l’importanza delle parole nell’espressione delle emozioni. Le ragazzine al centro del ring sono esplose proprio sotto la spinta di chi esprimeva la propria rabbia attraverso di loro. Hanno cominciato a battibeccare tra loro ma lo scambio verbale è durato poco, sono passate subito alle mani incapaci di continuare il colloquio".