RAFFAELLA CANDOLI
Cronaca

"Sarajevo vista con gli occhi del cecchino"

Roberta Biagiarelli domani al teatro di Gambettola con lo spettacolo ’Pazi Snajper’. Si incrociano le parole con le fotografie della guerra

Roberta Biagiarelli e Sandro Fabiani

Roberta Biagiarelli e Sandro Fabiani

Domani alle 21, al teatro comunale di Gambettola, in anteprima per la Romagna, Roberta Biagiarelli e Sandro Fabiani, affrontano la tematica universale della guerra rappresentando "Pazi Snajper", attenzione al cecchino". I due attori si rifanno alla guerra dei Balcani, nella convinzione che "cambiano le guerre, gli scenari, i confini, ma i contrastati sentimenti umani rimangono sempre gli stessi". Roberta Biagiarelli è attrice, autrice teatrale e documentarista. La sua carriera è caratterizzata da un forte impegno nel raccontare storie di luoghi e persone coinvolte in eventi storici significativi, con particolare attenzione a Sarajevo, sua città di elezione, dove ha trovato testimoni che le sono diventati amici.

Roberta Biagiarelli, l’essere umano non fa tesoro dell’esperienza di una guerra per evitarne altre. "In tempi in cui i conflitti si svolgono molto vicino a noi, è fondamentale riflettere su un’altra guerra ancora ricca di insegnamenti preziosi. Il ricordo di un assedio nel cuore dell’Europa, nei Balcani, ci invita a guardare al presente con maggiore senso di responsabilità e un impegno deciso nel costruire la pace". Qual è il senso del titolo?

"Lo spettacolo nasce dal progetto ’Shooting in Sarajevo’, avviato con il fotografo Ottani nel 2015. L’obiettivo era fotografare Sarajevo dagli stessi punti in cui, durante l’assedio dal 1992 al 1995, i cecchini tenevano sotto tiro la città e i suoi abitanti. Questa prospettiva intendeva esplorare la visione dei cecchini, offrendo una riflessione profonda sulla vulnerabilità e resilienza della popolazione. Davanti ai palazzi, su cartoni e lenzuoli, la popolazione segnalava la presenza, al proprio interno, di cecchini, non solo militari, ma civili prezzolati. Gente rimasta impunita, che a guerra finita è tornata ai luoghi di lavoro e che non pagherà per le vittime". Quando le riflessioni sono divenute lavoro drammaturgico?

"Ho subito compreso che foto e parola potevano incrociarsi per lavorare sulla figura del cecchino o della cecchina. Dopo il Covid, ha visto la luce "Pazi snajper": le immagini di Luigi Ottani, con grande potenza suggestiva ed evocativa, sono inserite nel finale dello spettacolo".

Lei e Sandro Fabiani rappresentate due posizioni, quella del carnefice e quella delle vittime. "Rappresentiamo due mondi contrapposti e in parallelo: da un lato, la postazione di un cecchino immerso nel proprio flusso di coscienza. All’inizio, osserva la città in modo distaccato, man mano che il tempo passa, il suo coinvolgimento cresce, alimentato dall’indottrinamento patriottico che lo spinge a rimanere in attesa del passaggio della prossima vittima civile. In Pazi snajper", ho inserito delle battute di ’Aspettando Godot’ che rappresentano l’indeterminatezza di chi è dentro un assedio. Dall’altro lato un appartamento di un condominio nella Sarajevo assediata, dove un uomo e una donna cercano di sopravvivere affrontando anche la quotidianità, il cibo, la mancanza di luce, gas. La loro impotenza è racchiusa in una frase amara e rassegnata: ‘Non possiamo fare niente per evitare tutto questo’. Lottano per mantenere una parvenza di umanità".

Lei è esponente del teatro civile, il suo testo ‘A come Srebrenica’, è in scena da 28 anni. "‘Srebrenica’, conta ben oltre 800 repliche in Italia, particolarmente richiesto dalle scuole, e all’estero. È stato ospitato dal Trent’anni fa non c’erano cellulari, né i social, e le informazioni erano più lente, c’era un altro modo di comunicare. Quanto accade oggi, dal medio Oriente all’Ucraina deve toccare le nostre coscienze per invocare la pace".