RAFFAELLA CANDOLI
Cronaca

Un omaggio ai conquistatori dell’inutile

Domani al Bonci la performance ‘White out’ basata sulla spettacolarità dell’alpinismo.

Una scena di ‘White out- La conquista dell’inutile’

Una scena di ‘White out- La conquista dell’inutile’

Domani alle 20.30, il teatro Bonci, ospita in unica serata "White out- La conquista dell’inutile" di Piergiorgio Milano, una coproduzione internazionale, che ha preso forma attraverso varie residenze nel 2022, ospitata in fase di creazione anche da ERT, è programmata come ultimo appuntamento a Cesena per la Stagione 2024/25 del focus di drammaturgia fisica CARNE a cura di Michela Lucenti. La performance riesce a restituire la spettacolarità, sulla scena, di uno sport estremo come l’alpinismo, tra fiction, realtà e metafora. È un omaggio a tutti gli alpinisti scomparsi o che hanno rischiato di scomparire nel bianco senza fine delle altezze: i conquistatori dell’inutile. Ma è davvero inutile la sfida umana, il mettere alla prova volontà, forza, rischio estremo per il raggiungimento di un obiettivo o una meta? In una scatola nera ricoperta di neve, prende forma un’esperienza artistica che unisce danza, circo e alpinismo in un equilibrio vertiginoso. White Out – La Conquista dell’inutile, è molto più di uno spettacolo fisico: è un viaggio nella psiche umana, nel paesaggio mentale che si costruisce tra le rocce, il ghiaccio, la fatica e la vertigine.

Tre performer – Javier Varela Carrera, Luca Torrenzieri e lo stesso Milano – portano in scena l’estrema concretezza dell’alpinismo: corde, moschettoni, zaini veri e carichi, sospensioni reali e sforzi autentici. Non c’è trucco né finzione. L’azione si sviluppa attraverso una narrazione cinematografica a flashback, con un forte impatto visivo e fisico. Le acrobazie e le verticalità spingono il corpo al limite, come se ogni gesto dovesse guadagnarsi l’ossigeno, come in alta quota. Il titolo stesso rimanda a una condizione estrema e ambigua: il white out, in alpinismo, è la perdita totale di visibilità, quando cielo e terra si confondono in un bianco che acceca e blocca, sospende e minaccia. Questo stato di stallo diventa qui anche stato dell’anima: un luogo interiore dove si intrecciano ricordi, sogni, paure e ironia. L’ambiente naturale diventa così un paesaggio mentale, uno spazio simbolico dove il rischio non è solo quello fisico, ma anche quello esistenziale. Lo spettacolo ha una durata di 55 minuti densa, raffinati, costruiti con cura artigianale tanto nella coreografia quanto nell’aspetto tecnico. L’esperienza sonora è parte integrante della narrazione: manipolata in tempo reale, la spazializzazione audio crea un ambiente immersivo in cui lo spettatore percepisce ogni frana, valanga o soffio di vento. La montagna non è solo rappresentata: viene evocata con precisione quasi documentaristica. Eppure, accanto alla tensione estrema e all’alta quota emotiva, emerge anche un’ironia leggera e disarmante: le musiche pop degli anni ’90, da Whitney Houston ai Dire Straits, accompagnano le imprese dei protagonisti, ricordando quanto la realtà spesso superi la fantasia e come alpinisti veri tra le loro dotazioni abbiano portato con sé anche strumenti per l’ascolto della musica.

Nel suo manifesto artistico, Milano afferma: "L’ambizione è di trasformare l’alpinismo in un linguaggio artistico". E ci riesce: White Out è un atto poetico e fisico, un tributo a chi ha osato salire troppo in alto, perdendosi o salvandosi per un soffio. È un omaggio a tutti i "conquistatori dell’inutile", coloro che affrontano la montagna non per trovarvi qualcosa, ma per cercare sé stessi.