Va in pensione, poi scopre di non averne diritto: "Colpa di un calcolo sbagliato, non certo mio"

Massimo Sirotti, 59 anni, ha lasciato il lavoro prima di scoprire che all’assegno mancano 11 mesi di contributi. La Uil: "Facciamo causa all’Inps"

Va in pensione poi scopre di non averne diritto

Va in pensione poi scopre di non averne diritto

di Annamaria Senni

Un gran pasticcio tutto all’italiana, quello che riguarda un 59enne cesenate, gran lavoratore stimato e riconosciuto nel suo settore. Forse solo un po’ troppo ‘frettoloso’ di andare in pensione. Morale della favola: si è licenziato nel luglio scorso credendo di essere in regola con tutti i contributi utili per il raggiungimento della pensione, per poi scoprire che qualcuno ha sbagliato i calcoli, e che deve versare ancora 7mila euro per essere definitivamente in regola con i contributo. Per l’agognata pensione, nuovi conti alla mano, manca quasi un anno. Progetti fatti, sogni da realizzare dopo 41 anni di duro lavoro, conquista finalmente di un meritato riposo, tutto andato in frantumi per colpa di un calcolo errato. Ma avrà sbagliato lui oppure l’Inps, come sostengono dal Patronato della Uil? Dal canto suo il 59 enne racconta di essere stato capo reparto di Martini a Gatteo per 10 anni, dopo aver lavorato 31 anni da Amadori. Ora, dopo essersi licenziato, non sa come fare a pagare i contributi che gli mancano.

"Per 41 anni ho lavorato senza sosta in un settore che non è dei più leggeri, quello del taglio dei polli – spiega Massimo Sirotti (foto grande) –. Le giornate al lavoro erano faticose, ma io vedevo la fine. Il 31 luglio 2020 ho festeggiato con i colleghi quello che doveva essere il mio ultimo giorni di lavoro. Ero convinto di essere arrivato al termine del mio percorso, ma poi il sindacato mi ha gelato: c’è un problema. L’Inps voleva ancora 11 mesi di contributi. Dove li tiro fuori quei soldi, visto che nel frattempo non ho più nemmeno un lavoro? In più ho problemi di salute e non riesco a trovare una nuova occupazione dopo essermi licenziato".

Sirotti ricorda il suo percorso professionale e i suoi ultimi giorni: "Organizzavo tantissimi lavoratori nel reparto del taglio dei polli e ho dovuto dare con largo anticipo la comunicazione del mio licenziamento. A casa avevo una situazione difficile e mi ritrovavo anche a dover assistere la mia anziana madre con cui vivo tuttora. In più ho una figlia all’università e le spese non finiscono mai. Pensavo fosse meglio andare in pensione, e invece ora non prendo né stipendio né pensione e devo pagare i contributi. Questa è una vera beffa. Ho avuto un sostentamento in questo periodo a causa delle mie condizioni di salute precarie e di un’operazione subita, ma ben poca roba". Sirotti con il suo avvocato ha deciso di rivalersi contro l’Inps: "Quando arriveranno i bollettini da pagare, il mio avvocato – spiega amaro – partirà la causa".

Sarà insomma un giudice del tribunale civile a dire l’ultima parola su questa controversia appena sbocciata , con l’incognita di un procedimento che però, come succede spesso nella giustizia civile italiana, si prevede molto lungo e dibattuto.

Al primo ‘attacco’ scritto dell’avvocato che segue l’uomo nel procedimento, l’Inps avrebbe già risposto di non c’entrare niente in tutto questo bel pasticcio. Ma dove sta l’inghippo? Chiunque è iscritto all’Inps può chiedere che l’istituto certifichi la situazione previdenziale a una certa data. L’Inps rilascia un documento (Ecocert o estratto conto contributivo) che è la fotografia di quanto è successo nella vita lavorativa del contribuente. E’ un riepilogo, registrato negli archivi dell’Inps, di tutti i dati riguardanti la posizione assicurativa del contribuente, nel quale sono contenuti tutti i contributi legati alla sua storia. Dopodiché il contribuente ‘si fa due conti’ e verifica se ci sono i requisiti per andare in pensione.

"A fronte di un accertamento contributivo, risposta certificata dall’Inps con i requisiti per il raggiungimento della sua pensione - racconta il sindacalista della Uil Alessandro Scarponi (foto qui sopra), che ha seguito la vicenda –. Sirotti, come tanti milioni di lavoratori avrebbero fatto, di fronte a quel calcolo ha dato le dimissioni dall’azienda. Aspetta agosto, aspetta settembre, ma la pensione non arriva. Finché un giorno l’Inps comunica che l’uomo doveva versare altri contributi. In pensione ci sarebbe andato dopo quasi un anno. Come si faceva a rimettere in piedi un lavoratore in un ruolo di responsabilità come il suo dove l’azienda sicuramente lo aveva già sostituito?".

Il sindacalista è battagliero: "Ora quel povero lavoratore non ha i soldi per mandare avanti la sua condizione di vita e dovrebbe tirare fuori altro denaro. Siamo in una situazione anche di umiliazione della dignità di una persona che dopo una vita trascorsa a lavorare si ritrova vittima di un disservizio increscioso. Ci siamo appoggiati con il lavoratore a un nostro legale e ora il 59enne dovrà tirar fuori altri soldi per tutelarsi. L’avvocato ci ha risposto che una causa come questa ha dei tempi biblici. E intanto? Con cosa mangia il signor Sirotti?".