Scalabrelli: "Cesena, per me vali tantissimo"

L’ex portiere entrato nello staff tecnico non teme le critiche di parte dei tifosi: "Ho la coscienza pulita, so cosa ho fatto per questa squadra"

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di Luca Ravaglia

"Quante volte avrei voluto tornare, da atleta prima e da allenatore dei portieri dopo. E quante volte ho pensato a come avrei voluto che le cose fossero andate diversamente. Perché vivo a Cesena e ho Cesena nel cuore".

Cristiano Scalabrelli, il nuovo preparatore dei portieri del Cavalluccio, parla quasi sottovoce e intanto sorride, mentre si guarda intorno, circondato dalle foto in bianco e nero che ricordano gli anni che furono. Che furono anche suoi, qui, all’Orogel Stadium Dino Manuzzi, dove restò tre anni, dal ’97 al 2000.

Scalabrelli, da dove cominciamo?

"Dal dire ’Forza Cesena’. E’ la frase che spiega meglio il mio ritorno con questa maglia".

Sperava in una chiamata?

"Non da ieri. E appena sono stato contattato non ho esitato un attimo".

Prime impressioni?

"Buone. Ho parlato con mister Toscano, di calcio, della squadra, dei progetti. Conoscevo già il gruppo, ero andato altre volte prima di sabato allo stadio. La squadra è forte, legittimo pensare a un campionato di vertice. D’altra parte a me non piace vivacchiare, quest’estate avevo rinunciato ad altre offerte dalla C. Ma qui è diverso. Qui c’è un progetto molto importante. E siamo a Cesena".

Che dice dei portieri?

"Conoscevo già Minelli e Tozzo. Il primo è stato con me alla Spal, il secondo lo ricordo alla Samp. Lewis è giovane, ha 21 anni: è bello lavorare con chi puoi aiutare a crescere".

Com’è il suo lavoro?

"Prima di tutto serve farsi rispettare, in campo bisogna essere autorevoli. Ma anche creare empatia con chi alleni. Vedo sempore i portieri un po’ come dei figli. E mi emoziono per loro. Il nostro è un ruolo particolare, l’aspetto mentale è decisivo. Lavoro molto su questo".

Calcio giocato. Inutile girarci intorno: a mettere insieme le parole ’Cesena’ e ’Scalabrelli’, si finisce sempre col tornare al 3-3 interno col Cosenza del 2000. L’anticamera della retrocessione in C. Aveste vinto, sareste stati salvi.

"A dieci giornate dalla fine avevamo 9 punti di margine, credemmo che la pratica fosse chiusa e sbagliammo gli approcci a tante gare. A quella, che fu decisiva, ma non solo".

Giocò probabilmente la sua peggior partita nel momento decisivo. Se ad andare male fosse stata la quarta giornata del girone d’andata, ora non se lo ricorderebbe nessuno.

"Anche col Vicenza avrei potuto fare molto di più. Ripeto, fu l’atteggiamento sbagliato a fare la differenza. Lo ho imparato sulla mia pelle. Ora non tollero mai cali di tensione, anche quando tutto sembra tranquillo".

I tifosi non le hanno perdonato quegli errori (anche ieri è stato esposto uno striscione di contestazione). E’ un fattore? Ha pensato a fare un passo indietro?

"Sul serio, da professionista: no. No, perché ho la coscienza pulita, perché so quello che ho fatto e so quanto è forte il mio legame col Cesena. Rispetto le scelte e il pensiero di tutti, ma non mi faccio influenzare".

Sabato si va a Pesaro, poi ci sarà il Manuzzi.

"Ci ero già tornato, ma da avversario non è la stessa cosa. Sarò emozionato, probabilmente. E vorrò vincere, di certo".

Ha ritrovato Sebastiano Rossi e Massimo Agostini. Valori aggiunti?

"Eccome. Conosco Rossi, ci siamo parlati diverse volte, ci stimiamo. Con Agostini c’è di più: vera e profonda amicizia, anche fuori dal campo. Ma in campo conta solo l’unità di intenti. E la nostra è chiarissima".

Rileva Flavoni, che a sua volta era subentrato ad Antonioli.

"Francesco è un grandissimo e a Cesena ha fatto davvero bene. Il calcio è fatto di cicli. Io sono stato tanti anni alla Spal, ora sono qui, in un club che amo e del quale sono sempre stato tifoso. Sono a casa e l’aria di casa è una meraviglia. Sono determinato a fare grandi cose".