Disturbi gastrointestinali, il Covid aumenta il rischio delle sindromi: la ricerca Unibo

Uno studio internazionale con il Policlinico Sant’Orsola di Bologna dimostra come, a distanza di un anno, chi ha contratto il virus ha più probabilità di sviluppare problemi a stomaco, colon e intestino

Covid e disturbi gastrointestinali: la ricerca dell'Università di Bologna

Covid e disturbi gastrointestinali: la ricerca dell'Università di Bologna

Bologna, 22 febbraio 2023 – Quali sono gli effetti del Covid? Sebbene i contagi continuino a scendere, proseguono gli studi sui rischi che il Sars-CoV-2 provoca alle persone che lo hanno contratto. Ed uno studio Unibo – Policlinico Sant’Orsola, pubblicato sulla rivista Gut, ci dice che c’è una correlazione con i disturbi gastrointestinali

L’indagine

Lo studio internazionale guidato da ricercatori dell’Università di Bologna e dal Policlinico Sant'Orsola mostra che, a distanza di un anno, tra chi è stato ricoverato dopo aver contratto il Covid aumentano i sintomi gastrointestinali e le diagnosi di sindrome dell'intestino irritabile

“I dati che abbiamo raccolto mostrano che chi ha contratto il Covid-19 presenta sintomi gastrointestinali più di frequente rispetto a chi non è stato colpito dal coronavirus”, spiega Giovanni Barbara, professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e coordinatore dello studio. “Data l'elevata diffusione del Covid-19 a livello globale, dobbiamo quindi aspettarci un aumento delle diagnosi legate ai disturbi dell'interazione intestino-cervello”.

È noto che le infezioni virali possono colpire il sistema gastrointestinale e favorire in particolare lo sviluppo della sindrome dell’intestino irritabile: una condizione che tende ad essere cronica, caratterizzata da una serie di disturbi intestinali che interessano il colon, tra cui alterazioni della motilità intestinale, gonfiore e crampi addominali. Fino ad oggi però non era chiaro se anche l’infezione da coronavirus potesse portare a queste conseguenze.

I ricercatori hanno quindi realizzato un’indagine prospettica con l’obiettivo di valutare la prevalenza dei sintomi gastrointestinali e dei disturbi dell'interazione intestino-cervello nei pazienti ricoverati per infezione da Sars-CoV-2.

Lo studio ha coinvolto 2.183 pazienti ospedalizzati in 36 strutture di 14 paesi: Italia, Bangladesh, Cipro, Egitto, Israele, India, Macedonia, Malesia, Romania, Federazione Russa, Serbia, Spagna, Svezia e Turchia. I pazienti che avevano contratto il Covid-19 sono stati valutati al momento del ricovero in ospedale e poi seguiti per i 12 mesi successivi, confrontando la loro condizione con quella di pazienti non contagiati dal coronavirus.

I risultati pubblicati

La ricerca, pubblicata sulla rivista Gut con il titolo “Post Covid-19 irritable bowel syndrome”, presenta esiti sorprendenti. 

I dati raccolti dagli studiosi hanno infatti mostrato che i pazienti ricoverati per Covid hanno riportato più di frequente la presenza di sintomi gastrointestinali (59,3%) rispetto al gruppo di controllo (39,7%).

E sono emerse più di frequente anche nuove diagnosi di sindrome dell'intestino irritabile, che sono risultate associate alla coesistenza di allergie, difficoltà respiratorie durante il ricovero per Covid e assunzione cronica di inibitori della pompa protonica (ossia farmaci gastroprotettori che bloccano la produzione di acido nello stomaco). Inoltre, a distanza di 6 mesi e di 12 mesi dall’ospedalizzazione, tra chi ha avuto il Covid sono stati registrati livelli più alti di ansia e depressione.

“Sappiamo che il virus Sars-CoV-2 può infettare anche il tratto gastrointestinale e questo conferma la possibilità che il Covid-19 possa portare allo sviluppo della sindrome dell'intestino irritabile”, spiega Giovanni Marasco, ricercatore al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna e primo autore dello studio.

Tracce del coronavirus sono infatti state trovate nell’intestino tenue anche a sei mesi di distanza dall’infezione: questo ci porta a credere che lo stato prolungato di infiammazione e di attivazione del sistema immunitario possa portare allo sviluppo dei sintomi gastrointestinali che sono stati osservati”.

Per l’Università di Bologna e l’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna - Policlinico di Sant'Orsola hanno partecipato alla ricerca: Giovanni Marasco, Cesare Cremon, Maria Raffaella Barbaro, Giulia Cacciari, Daniele Salvi, Alessandro Venturi, Claudio Borghi, Marco Zoli, Paolo Gionchetti, Pierluigi Viale, Vincenzo Stanghellini e Giovanni Barbara.