SOFIA NARDI
Cronaca

Medici di base, giovani in rivolta in Romagna: "Troppa burocrazia: siamo stremati"

Lettera aperta alle istituzioni partita dalla Romagna: ha già raccolto 200 firme in tutta Italia. "Tante incombenze inutili ci tolgono tempo per l’attività clinica. E col Covid è stato un boom"

La lunga lettera aperta dei giovani medici romagnoli è rivolta anche ai pazienti

La lunga lettera aperta dei giovani medici romagnoli è rivolta anche ai pazienti

Forlì, 6 febbraio 2022 - È una lunga lettera aperta rivolta a istituzioni e pazienti, quella partita da un gruppo di giovani medici di base romagnoli ed è stata capace in pochi giorni di raggiungere oltre 200 professionisti in tutta Italia. Si tratta di un appello accorato per ottenere uno sgravio della burocrazia legata alla pandemia, ma anche di un tentativo di spiegare le ragioni di quelle che ad alcuni assistiti possono essere sembrate colpevoli mancanze, ma che – assicurano i medici – sono il risultato di una gestione sbagliata della medicina del territorio.

"Vogliamo denunciare – comincia la lettera – le condizioni impossibili in cui siamo costretti a lavorare e le continue critiche di televisioni e social, e sempre più spesso anche degli assistiti. Non è possibile che qualunque interlocutore (Ufficio d’Igiene, 1500, Cup, datori di lavoro...) a domanda del cittadino risponda ‘chieda al suo medico di base’. Dobbiamo sobbarcarci tante incombenze inutili che ci tolgono tempo per l’attività clinica. Le altre patologie, in questo modo, rischiano di passare in secondo piano, e il nostro compito di medici disatteso, nostro malgrado". Tra i problemi elencati c’è anche l’aumento esponenziale di richieste da parte dei pazienti, cresciute "di tre o quattro volte rispetto a prima del Covid" che rendono impossibile l’efficienza del servizio: "Continuiamo ad essere accanto alla popolazione – prosegue la lettera –, impegnati nel dare risposte, anche di fronte a comunicazioni spesso caotiche e fumose. Siamo stati trattati come marionette in balia di pazienti confusi, spaventati, allarmati, invischiati in difficoltà burocratiche, e alla fine siamo diventati capri espiatori. Se dovessimo mollare, si scatenerebbe il caos sociale. Ma non è pensabile per noi continuare a lavorare in queste condizioni, siamo stremati".

La carenza di medici di base non fa che aggravare la situazione, infatti diverse Ausl hanno imposto lo sblocco del massimale, in passato fissato a 1.500 pazienti, portandolo a 1.800: un rischio, secondo i firmatari, per la qualità del servizio. In questi giorni è arrivata una manifestazione di vicinanza ai 200 medici che hanno firmato la lettera da parte di Cgil di Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini che ha concordato con il contenuto della lettera aperta offrendo anche un’ipotetica soluzione: "I medici dovrebbero raggrupparsi e prestare servizio all’interno delle case della salute".

Cambiamenti importanti sono quelli che gli stessi firmatari hanno ipotizzato nelle loro righe: "È fondamentale che il cittadino possa esprimere la scelta del medico, così come sono importanti il rapporto convenzionale (da dipendenti non saremmo liberi nelle nostre scelte cliniche), e la capillarità e prossimità ai cittadini: non vogliamo stare nascosti in cattedrali sanitarie. È necessario snellire la burocrazia a favore dell’assistenza. I medici devono operare in gruppi organizzati, e non più in studi singoli, con un triage infermieristico. Noi non abbiamo paura – concludono – anzi siamo affascinati dal cambiamento che ci attende, a patto di esserne protagonisti. La voce di chi conosce il territorio, la nostra voce, va ascoltata".