Editoriale

La crisi dei circoli Pd che chiudono

Ho letto in questi giorni diversi articoli che raccontano la crisi economica del Partito democratico con la chiusura, solo a Bologna, del 40% dei circoli. Sono un simpatizzante e mi chiedo come sia potuta accadere una cosa del genere? Nel corso degli anni nessuno nel partito ha saputo rimediare mentre si affollavano i problemi? È un declino senza gloria che il Partito democratico non merita assolutamente.

Pietro Righi

Risponde Beppe Boni

L'agonia non finisce con la chiusura del 40% per cento dei circoli Pd situati soprattutto in centro storico o comunque dentro le mura. Anche con questo taglio drastico la sopravvivenza di quelli che restano non è garantita. Si profilano forti aumenti del canone d'affitto alla Fondazione che detiene la proprietà degli immobili e un futuro di auto gestione economica per i circoli stessi. Un futuro quindi a tinte fosche che lascia intravedere altre chiusure. Fa impressione osservare che ciò accade nella città delle Due Torri storicamente vetrina virtuosa del partito. Il caso bolognese però non è isolato.

A Roma, sedici sedi sono state messe in vendita, tra cui spazi simbolici come la sezione di San Lorenzo inaugurata da Palmiro Togliatti, a Napoli, il circolo di Fuorigrotta rischia di dover abbassare la serranda a causa di affitti non più sostenibili. I fattori che hanno portato a questa situazione sono molteplici. Le coop, tradizionalmente cassa e bancomat del partito, ora ragionano più da aziende che da tutori del welfare Pd e sono più avare di fondi, la politica è meno partecipata anche a sinistra, i circoli stessi, un tempo poli di vita sociale e politica, ora sono meno frequentati e quindi sono diventati un peso economico insostenibile. Il Pd ha compreso in ritardo che il proprio mondo stava cambiando e non ha saputo intervenire per tempo.

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