Alluvione in Emilia Romagna, la guerra dei fiumi: “Troppi bacini inattivi”

Il senatore Lisei attacca sui bacini di espansione: su 23, ok solo 12. La vice della Regione, Priolo: "Non siamo Ischia, serve un piano del Governo".

Bologna, 6 maggio 2023 – Più di 190 milioni di euro per finanziare 23 casse d’espansione dei fiumi tra Piacenza e Rimini. Una cifra monstre, all’apparenza. Eppure, questa mole di fondi arrivata alla Regione Emilia-Romagna tra il 2015 e il 2022 (cui dovranno aggiungersi gli stanziamenti del 2023) non è bastata a completare quelle opere che, purtroppo, nell’ultima settimana sono diventate familiari tra la popolazione.

Di quei 23 bacini artificiali pensati per scaricare la portata dei fiumi in piena, ’parcheggiando’ momentaneamente le acque fuori dal corso principale, ne funzionano a pieno regime ’solo’ 12; altre due casse funzionano in parte, compresa quella del Senio dove è in corso un esproprio. Nove attendono ancora la fine lavori (come quella nel Baganza, una vera e propria diga da 82 milioni di euro, oggi al 30% dello stato d’avanzamento), di cui due ancora da finanziare. Come mai?

I finanziamenti per i fiumi in Emilia Romagna
I finanziamenti per i fiumi in Emilia Romagna

A sollevare il tema è il senatore di Fd’I Marco Lisei, che in passato aveva già incalzato la Regione sul punto e che oggi parla di un quadro "desolante, milioni e milioni per vedere la gran parte delle casse di espansione non funzionante, abbandonate, solo progettate".

Ma la vicepresidente Irene Priolo non ci sta, nel giorno in cui il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci paragona l’Emilia a Ischia: "Un piano serio sul dissesto idrogeologico lo deve fare il governo – dice la numero due di viale Aldo Moro – che ha la competenza esclusiva sull’Ambiente".

Eppure, la loro efficacia le casse d’espansione l’hanno evidenziata anche in quest’ultima ondata di maltempo. Cinque sono quelle che tra il 2 e 3 maggio si sono riempite d’acqua: sul Samoggia, nel canale Navile, nel canale dei Mulini e nel Senio. E in quest’ultimo caso, sebbene sia solo parzialmente funzionante. "Come mai non sono state candidate opere a metà al Pnrr – chiede Lisei –? Siamo intervenuti come Fratelli d’Italia con diverse interrogazioni per sollecitate il completamento di opere che sarebbero potute essere utili, dispiace che nessuno ci abbia mai considerato. Ormai le piogge forti e contenute in lassi di tempo brevi non sono più una emergenza, sono la normalità e dovremmo attrezzarci per affrontarle". Per il senatore fondamentale è "restituire la cura e la pulizia degli alvei ai contadini e chi ha un interesse" e far fronte al "problema del contenimento delle nutrie" perché "la cura del territorio non può inseguire l’ecologismo radical chic, serve concretezza".

E proprio sulla concretezza fa leva Priolo perché "siamo una Regione che le opere le fa e dall’anno scorso abbiamo aperto altre due casse". I problemi, però, per la vicepresidente sono molteplici per "opere lunghe nella realizzazione".

A partire dall’"incertezza dei fondi" perché "le Regioni sono ’solo’ attuatori di una pianificazione che deve essere statale". E ricostruisce. "Esiste un piano di gestione del rischio alluvioni che definisce le aree esondabili – spiega –. Lo stila l’Autorità distrettuale di Bacino, emanazione del Ministero. In base alle loro mappe del rischio e i ’tempi di ritorno’ delle piene, ossia ogni quanto si verificano, definiamo dove mettere casse di espansione". Con tempi di ritorno sotto i 50 anni, si valuta la realizzazione di una cassa che, però, va poi finanziata. Come? Nell’elenco dei 23 bacini considerati c’è di tutto: fondi del ministero dell’Ambiente, di quello dei Trasporti, dell’Aipo, decreti legge, Pnrr, piani straordinari e, anche, fondi regionali. "Il Mase quest’anno destina all’Emilia-Romagna 13 milioni per tutte le opere idrauliche – va avanti Priolo –. L’anno scorso erano 22. Basta guardare l’elenco delle opere per capire che non ci finanziamo nemmeno uno stralcio di una cassa di espansione".

Per la vicepresidente, però, l’ondata di maltempo dei giorni scorsi resta una condizione eccezionale e "una tracimazione come quella del Lamone, dove non è prevista alcuna cassa, non si è mai verificata in Italia. Comprendo lo scoramento della popolazione e delle amministrazioni, ma il rischio zero non c’è in un’epoca di cambiamenti climatici".