
Adriano Pedini, da trenta anni anima e direttore di “Fano Jazz by the Sea“, manifestazione ormai entrata nei circuiti internazionali della musica
Adriano Pedini, trent’anni di direzione artistica di Fano Jazz by the Sea. Un bilancio...
"Aver mantenuto fede all’idea originaria – dice Pedini – di proporre un’offerta culturale complessa come un festival jazz, superando ostacoli e pregiudizi senza piegarsi alle logiche della programmazione commerciale più facile, è di per sé un traguardo importante. Oggi Fano Jazz by the Sea è molto più di un festival: un motore economico, un attrattore di turismo culturale, un progetto riconosciuto da enti regionali e nazionali, inserito in reti internazionali. È anche un simbolo di sostenibilità grazie al suo Green Jazz Village. Un percorso di crescita coerente e costante, che lo ha reso uno degli eventi di punta della città di Fano".
Un festival diventato tra i più importanti in Italia. Quale il segreto di questa affermazione?
"Forse non c’è un vero segreto, ma una visione. Ho sempre cercato di dare al festival un’identità culturale precisa, che unisse creatività, ricerca e responsabilità sociale “innovarsi, senza mai snaturarsi“. Abbiamo puntato sui giovani, attivato collaborazioni con enti e associazioni, costruito relazioni e comunità".
Le istituzioni vi hanno aiutato in questo percorso?
"Il sostegno finanziario è fondamentale, e grazie a tutte le amministrazioni fanesi che si sono avvicendate dal 1993, non è mai mancato. Oggi il vero nodo è un altro: la condivisione. I progetti culturali si scontrano ogni giorno con burocrazia, scarsa comunicazione, costi di gestione sempre più alti. In questo contesto è essenziale un dialogo continuo tra chi opera nel settore culturale e gli enti finanziatori. Solo così si possono creare condizioni di crescita reale, garantendo coerenza tra strumenti e obiettivi".
In questi trent’anni ci dica quale è stata la soddisfazione più grande.
"Nel 2013, per mancanza di risorse, il festival rischiava di chiudere. Una petizione online raccolse in poche ore centinaia di firme e commenti. L’amministrazione evitò i tagli: fu la prova che il festival era parte viva della comunità. Nessuno può fermarlo".
Cinque artisti che sono rimasti nel cuore.
"Ogni artista è stato importante, ma ce ne sono cinque che avremmo voluto: Keith Jarrett, Ornette Coleman, Pat Metheny, Wayne Shorter, Sonny Rollins ma i loro cachet erano semplicemente fuori dalla nostra portata".
Tanto pubblico giovane ogni anno al festival. Cosa li ha avvicinati al jazz?
"Il jazz affascina perché è inclusivo, fluido, in continuo dialogo con altri linguaggi. La nostra attenzione verso le nuove generazioni si concretizza con progetti come l’Orchestra Mosaico, composta da oltre 50 ragazzi, e con le sezioni Young Stage, New Project e Cosmic Journey. Accogliamo richieste di volontari da tutta Italia e offriamo concerti gratuiti e tariffe ridotte".
Accanto a Fano Jazz by the Sea è cresciuto tanto anche Terre Sonore.
"Nato 5 anni fa con alcuni comuni della provincia oggi è una rete di 21 realtà locali. Un festival diffuso e multidisciplinare che unisce musica, paesaggio e tradizione, promuovendo un turismo sostenibile e autentico".
Programmi e progetti di Fano Jazz Network?
"La Casa del Jazz (in fase di realizzazione all’interno del complesso di Sant’Arcangelo e progettato dall’architetto Italo Rota), che vuole diventare centro permanente per la musica, la formazione e l’incontro. Uno spazio che chiude idealmente il cerchio: da festival a presidio culturale stabile. È lì che vogliamo costruire il futuro del nostro jazz".