
Una foto d’archivio: resti di antica muratura inclusi nella casa colonica. A rilanciare l’appello affinché si proceda con una campagna di scavi è don Silvano Bracci
Torna al centro del dibattito culturale e cittadino il "castellaccio" di Caminate, l’antica villa signorile trasformata in fortezza nel XIV secolo da Galeotto Malatesti, padre di Pandolfo III. Oggi sull’altura domina un campo da calcio, ma un tempo lì sorgeva la prima dimora rurale fortificata del panorama italiano, successivamente demolita per ordine di Papa Sisto IV, nonostante le proteste della comunità fanese.
A rilanciare l’appello affinché si proceda con una campagna di scavi archeologici è lo storico fanese don Silvano Bracci, che venerdì scorso ha presentato il suo ultimo studio proprio sul castello dei Malatesti, nel corso di un partecipato convegno ospitato nella sala di rappresentanza della Fondazione Carifano. Insieme a lui, la presidente del Centro Studi Malatestiani, Anna Falcioni.
Le ricerche di don Bracci - sacerdote 86enne, studioso e divulgatore appassionato che ha dedicato la vita non solo alla guida spirituale ma anche alla ricerca e alla valorizzazione delle radici culturali e religiose del territorio - restituiscono dignità storica a un luogo finora trascurato ma carico di memoria. E riportano alla luce anche le parole dell’architetto Virginio Fiocco che, nello studio "Identificazione dei caratteri storico-culturali del territorio comunale", commissionato dal Comune, segnalava la presenza di pochi ruderi inglobati in una casa colonica e affermava che "con opportuni scavi potrebbero essere messi in luce i muri di fondazione dell’edificio malatestiano o almeno parte di essi". Il tema era già approdato in consiglio comunale nel 1996, poi ripreso nel 2002 grazie a una campagna stampa e tornato al centro dell’attenzione nel 2011 con un convegno a Brescia, città legata a Pandolfo III. Anche il Corriere Adriatico, nello stesso anno, sposava la causa. Ora, in un tempo in cui cresce la sensibilità verso il patrimonio storico e le radici cittadine, il sasso lanciato da don Silvano Bracci trova nuove risonanze.
"Riportare alla luce i resti del maniero – spiegano gli studiosi – significherebbe riscoprire una pagina importante della signoria malatestiana e, al tempo stesso, creare un’attrattiva culturale e turistica per la frazione di Caminate, già frequentata per la presenza della grotta di San Paterniano".
Il toponimo conserva ancora la memoria del passato: "castellaccio" evoca quell’edificio che fu dimora d’armi e di pace, immerso nel verde della campagna fanese. Ora si chiede solo che le fondamenta riaffiorino, come testimonianza e promessa.
Tiziana Petrelli