
(foto d’archivio)
È attesa per il 9 giugno la sentenza per il processo a carico di un 38enne fanese accusato di stalking nei confronti dell’ex compagna, una donna di 44 anni che si è costituita parte civile tramite l’avvocata Francesca Santorelli. Ieri, al Tribunale di Pesaro, il pubblico ministero ha chiesto per l’imputato un anno di reclusione, mentre la difesa ha chiesto l’assoluzione. La vicenda ha avuto origine nel gennaio 2024, subito dopo la fine della relazione tra i due. Una storia iniziata nel 2022, con progetti di convivenza mai realizzati, ma che si è deteriorata a causa di comportamenti sempre più controllanti da parte dell’uomo. "La mia assistita – racconta l’avvocata Santorelli – si è trovata ad affrontare atteggiamenti di gelosia e controllo, aggravati dalla ripresa dell’uso di stupefacenti da parte del compagno. Era stato lui stesso a raccontarle di un passato da tossicodipendente, ma sembrava ne fosse uscito. Invece ha ricominciato".
Da quel momento la donna – madre di un bambino piccolo – ha deciso di chiudere la relazione, ma la sua scelta ha scatenato le condotte persecutorie: telefonate continue, anche di notte, messaggi su WhatsApp e Facebook, appostamenti fuori casa e in occasione di cene con amici. Una volta, l’uomo si è presentato sotto l’abitazione dove lei si trovava col figlio e ha iniziato a urlare, insinuando la presenza di un altro uomo in casa. In un’altra, ha contattato alcuni amici della vittima e le ha inviato un messaggio intimidatorio: "Secondo me è meglio che uno dei due risponda, è meglio ragazzi datemi retta".
Il commissariato di Fano ha avviato tempestivamente le indagini. "Un lavoro eccellente – sottolinea la Santorelli –. Gli atti raccolti sono stati così completi e circostanziati che non si è nemmeno reso necessario sentire i testimoni in aula. Il Pm ha richiesto il giudizio immediato, saltando l’udienza preliminare, e il processo è arrivato rapidamente alla fase conclusiva". Nel frattempo, ad aprile, è stato disposto il divieto di avvicinamento alla donna, cui ha fatto seguito, un mese dopo, l’applicazione del braccialetto elettronico. Nonostante ciò, il dispositivo ha segnalato più volte situazioni di pericolo, tanto che le forze dell’ordine hanno dovuto avvertire la vittima di possibili avvicinamenti.
"In diverse occasioni lei è stata contattata dalle forze dell’ordine perché il braccialetto emetteva segnali – conferma la legale –. In alcuni casi è stata costretta a rincasare per timore che lui fosse nelle vicinanze. È vero che i dispositivi non sempre sono precisi, ma in almeno una circostanza è evidente che lui sia andato proprio a cercarla". Nel corso del procedimento è stata anche acquisita una consulenza tecnica sul telefono della vittima. "Il contenuto dello smartphone – spiega Santorelli – ha confermato la gravità e la sistematicità delle condotte persecutorie. Messaggi e chiamate sono documentati a tutte le ore, anche con numeri diversi, per eludere i blocchi". L’avvocato dell’imputato, Marco Defendini, ha chiesto il proscioglimento. "La mia assistita – conclude Santorelli – è stata costretta a cambiare radicalmente le sue abitudini. Il danno psicologico è profondo. Un caso da manuale in cui la rapidità della giustizia e l’efficienza della Polizia possono fare la differenza".
Tiziana Petrelli