
Paolo Rongoni
Porto San Giorgio (Fermo), 20 agosto 2021 - ‘Si ritorna a casa sempre’. Per Paolo Rongoni, classe ’71, preparatore atletico fino alla passata stagione dell’Olympique Lione militante in Ligue 1 francese, un rito che si ripete ogni estate insieme alla moglie Alioscia e i figli Alessandro e Giulia. Ogni qual volta i suoi impegni di lavoro glielo permettono perché Porto San Giorgio è il luogo dove è nato, dove vive mamma Cecilia: è casa. "Il calcio – confessa Rongoni – è stato il fil rouge della mia vita: da quando, bambino, mossi i primi passi sul campo della Borgo Rosselli, passando per quello di Capodarco, fino a Urbino durante gli studi all’Isef". Oltre al mantenimento della forma fisica dei calciatori, nello specifico, cos’altro attiene al suo ruolo? "Organizzazione del planning degli allenamenti ripartendo il carico di lavoro fisico in funzione di quello tecnico stabilito dall’allenatore. In realtà sono direttore della performance, un ruolo un po’ più ampio che comprende anche organizzazione dei recuperi, gestione dei rapporti con lo staff medico, psicologo compreso. Il calciatore che gioca nella massima divisione di campionato, scende in campo due- tre volte a settimana: è soggetto a maggior impegno e stress e necessita di uno staff più ampio per raggiungere la condizione più performante".
Un ruolo che può sembrare antipatico . "Le categorie inferiori possono soffrire qualche volta il lavoro ‘a secco’ ovvero senza palla. Il professionista sa che è importante: un male necessario". Una carriera in crescente evoluzione. "L’esperienza al Perugia ha aperto la strada alla mia professione; l’incontro con diversi allenatori ha modellato il mio modo di essere; l’aver lavorato in Svizzera (la mia seconda casa), Turchia, Italia e Francia mi ha permesso di acquisire un notevole bagaglio culturale. In tutto ciò, fondamentale è stato riuscire a calarsi nella cultura di ogni squadra e società". L’incontro con Rudi Garcia? "La prima stagione insieme fu al Le Mans nel 2007-08; le nostre strade si separarono per incontrarsi di nuovo a Roma nel 2014 praticamente fino a oggi. Il nostro modo di lavorare funziona perché abbiamo acquisto complicità e giusti tempi d’intervento ma, dopo tanti anni, si è instaurato anche un legame personale". I trucchi del mestiere per arrivare a tanto? "Nessun trucco: studiare, lavorare e osare". La soddisfazione finora più grande? "Potrei citarne alcune come l’aver contribuito alla promozione del Lugano prima in serie A e la stagione dopo aver fiorato lo scudetto; la vittoria della Coppa Italia con la Lazio; la finale in Europa League con l’Olympyque Marsiglia; la semifinale di Coppa dei Campioni con il Lione lo scorso anno ma significherebbe togliere significato all’una o all’altra. Sono i rapporti umani che si instaurano con i vari gruppi, che danno le soddisfazioni più belle".