Coronavirus, maschere salva vita. "Così possiamo riadattare quelle da sub"

L’idea di due imprenditori centesi al vaglio dell’ospedale di Sassuolo: "Le possiamo collegare ai respiratori per i pazienti"

Vito Zaccaria con la maschera con i filtri P3: utilizzata la tecnologia di stampa 3D

Vito Zaccaria con la maschera con i filtri P3: utilizzata la tecnologia di stampa 3D

Ferrara, 27 marzo 2020 - La società bresciana Isinnova ha ideato la modifica alla maschera da ‘snorkeling’ (quella tipica dei sub) capace di farla diventare un respiratore per pazienti; ma è tutto centese un nuovo passo avanti, per collegarle alle macchine di respirazione artificiale, e soprattutto tramutarle in preziosi dispositivi di prevenzione per i medici e gli operatori sanitari. Ad avere avuto il guizzo d’ingegno, collaborando con l’ospedale di Sassuolo, sono stati gli ingegneri Vito Zaccaria di Cento e il rodigino Claudio Pavan, centese d’adozione, a capo della SolidEnergy, una realtà di stampa 3D con sede legale a Cento e operativa a Bentivoglio. Giovani brillanti che si sono messi subito al lavoro, gratuitamente, per realizzare in stampa 3D questi particolari pezzi.

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La maschera con i filtri P3: utilizzata la tecnologia di stampa 3D
La maschera con i filtri P3: utilizzata la tecnologia di stampa 3D

"L’idea di Isinnova è bellissima, ma ogni pezzo va adattato a tubi e filtri differenti per ogni ospedale – spiega Zaccaria –. Il giorno stesso siamo stati contattati dall’ospedale di Sassuolo, che ci ha chiesto il supporto per valutare la stampa 3D di quei pezzi che richiedevano modifiche rispetto al progetto standard. Dovendoli ridisegnare ci siamo accorti che potevano essere fatte migliorie importanti. Sassuolo è il primo ospedale ad aver provato le maschere su macchinari anche di terapia subintensiva: mentre quella ideata a Brescia viene attaccata al tubo dell’ossigeno, la nostra, perfezionata, ha dato buoni risultati anche collegata al respiratore artificiale".

Da lì si è proseguito il cammino, sempre in collaborazione con l’ospedale modenese. "Su suggerimento dei medici abbiamo cercato un modo perché potesse essere usata anche per la salvaguardia dei sanitari – prosegue –; anche per il personale medico le mascherine sono poche o introvabili e peraltro vanno sostituite frequentemente. Con questa maschera, invece, in cui dove abbiamo inserito filtri P3 industriali, possono passare mesi prima di fare il cambio. Inoltre, coprendo tutto il viso, si possono evitare contagi accidentali, ecchimosi e dolori al volto. Si tratta infatti di una pressione a silicone, molto meno impattante". Il primo tentativo è stato fatto, anche se dall’ospedale di Sassuolo l’ordine non è ancora partito: si sta ragionando sul da farsi. Ma i due centesi sono convinti della validità del progetto: "Per ogni stampa 3D abbiamo utilizzato lo stesso materiale di cui è costituita la maschera che ha marcatura Ce. Per i filtri abbiamo invece fatto una ricerca per usare quelli che avevano più unità disponibili".

Il tutto si lega a una cordata di solidarietà. "Molte maschere sono state donate, io stesso sono andato da amici che volevano regalarle – spiega – anche il nostro lavoro, dalla progettazione alla realizzazione è gratuito. Facciamo parte di The3dgroup e potremmo arrivare a produrne ben 500 al giorno. Abbiamo anche pensato alla possibilità di condividere con i nostri partner il progetto che dovrà essere senza scopo di lucro". In attesa della necessaria validazione scientifica, è bene non farsi illusioni: "Ma con questa metodologia di stampa, dall’idea alla realizzazione passano appena 24 ore e nessun altra t ecnologia è così veloce", conclude Zaccaria". Sono invece diretti nel bresciano 50 raccordi stampati da 3D Factory di Gallo, sulla base del progetto delle maschere di Isinnova.