Morti carbonizzati in auto a Rero: gambizzati e finiti con un fucile

Cade l’ultimo dubbio sul delitto nelle campagne di Rero dove sono stati ammazzati Riccardo e Dario Benazzi, domenica 28 febbraio. Dall’autopsia sarebbe emersa la presenza di pallini in entrambi i corpi. Indagini serrate dei carabinieri per risalire allo spietato killer

I carabinieri del Nucleo investigativo di Ferrara al lavoro

I carabinieri del Nucleo investigativo di Ferrara al lavoro

Ferrara, 7 marzo 2021 - Cala l’ultimo velo di incertezza che nella serata di domenica 28 febbraio, i cugini Riccardo e Dario Benazzi, 64 e 70 anni, siano stati uccisi a colpi di fucile. Nessun duplice suicidio, né tanto meno omicidio-suicidio, come ipotizzato nelle ore immediatamente dopo il ritrovamento dei loro cadaveri: sono stati ammazzati e probabilmente con un fucile da caccia, forse un calibro 12. Lo ’raccontano’ i pallini che sarebbero stati trovati in entrambi i cadaveri durante l’autopsia che si è conclusa venerdì scorso, eseguita dalla dottoressa Raffaella Marino, quale medico legale nominato dal pubblico ministero Lisa Busato, che coordina le indagini dei carabinieri. Pallini rinvenuti, pare, nelle gambe e nel tronco di tutti e due i cugini. Come se chi ha sparato abbia prima mirato alle gambe per bloccarli e farli cadere a terra, per poi finirli con uno o più colpi al petto.

Così sarebbero stati uccisi in una domenica sera di fine febbraio i due cugini legati dal sogno di catturare il vento e trasformarlo in energia. Un’esecuzione praticamente. Poi, probabilmente per distogliere l’attenzione il killer – perché l’esecuzione fa pensare a qualcuno che può avere già ammazzato – magari aiutato da qualcuno ha caricato i corpi nel sedile posteriore della Volkswagen Polo, si è messo alla guida e si è spostato dal luogo del delitto – dove comunque erano già state trovate tracce di sangue e borre di cartucce – nella campagna attorno a Rero, e ha dato fuoco alla vettura con cui i due cugini avevano raggiunto il luogo del delitto. Fiamme appiccate per distruggere qualsiasi traccia che potesse ricondurre a lui. O a loro, perché è difficile pensare che possa essere stato fatto tutto da una sola persona. L’auto in poco tempo – e qui il dubbio che sia stato utilizzato un accelerante per fare in fretta – ha incenerito ogni cosa. Prima di questo, però, i lampi di fuoco hanno attirato l’attenzione di un contadino che vive poco distante. Nel buio della notte, erano le 21.30 circa di domenica 28 febbraio, quei bagliori non sono passati inosservati. Anzi. Quando i vigili del fuoco hanno finito di spegnere le lingue di fuoco, però, la macabra scoperta: i due cadaveri completamente carbonizzati all’interno. Difficile identificarli subito, anche se poche ore prima c’era stata la denuncia di scomparsa dei familiari di entrambi i cugini. Poi l’individuazione dell’auto, intestata all’ex moglie di Riccardo e un primo riconoscimento di Dario, per una protesi che gli era stata inserita da tempo.   

Scenari. Ma perché tanto orrore? Tanta spietatezza? La necessità di tappare la bocca a chi da anni stava protestando perché riteneva di essere stato derubato della sua invenzione? Cioè della possibilità di realizzare l’ impianto eolico che aveva brevettato insieme a un ex compagno di scuola. O qualcuno cui doveva dei soldi, molti soldi magari, considerando che Riccardo era finito in miseria proprio per inseguire quel sogno? I carabinieri del Nucleo investigativo sono al lavoro per mettere insieme i pezzi del rompicapo. Purtroppo l’utilizzo di un fucile non dà alcuna speranza di risalire all’arma utilizzata per il delitto. Ma chi dovevano incontrare quella domenica mattina Riccardo e Dario? Quest’ultimo peraltro ha seguito il cugino soltanto per fargli compagnia. E perché proprio lì vicino al prototipo ormai dell’impianto eolico? La ex moglie di Riccardo, che di recente lo aveva riaccolto in casa per dargli un tetto, ha raccontato di minacce che l’ex marito avrebbe ricevuto negli ultimi tempi. Ma da chi? Un mistero che si infittisce giorno dopo giorno, su cui la modalità utilizzata per ucciderli getta un’ombra ancora più inquietante, se possibile.