"Orrore: in Iran non si può essere donna"

I giovani reporter della classe 3C dell’istituto comprensivo di Porto Garibaldi intervistano due ragazze provenienti da quel paese

"Orrore: in Iran non si può essere donna"

"Orrore: in Iran non si può essere donna"

Un’altra settimana in compagnia del campionato di giornalismo e con gli articoli scritti dai nostri cronisti che in questa sfida a distanza tra le scuole medie stanno dando prova di grandi capacità nella scelta dei temi, nella stesura degli articoli ed anche nell’accostamemto della fotografie, immagini che dimostrano una forte sensibilità per gli scatti e le emozioni che suscitano. Andiamo a leggere, la prima prova di questa settimana, il pezzo redatto dai giovani reporter della classe 3C dell’istituto comprensivo di Porto Garibaldi. I cronisti, che sono stati seguiti dal professor Matteo Mari, propongono un tema di grande attualità e molto delicato come quello della violenza nei confronti delle donne a partire dal dramma che sta vivendo l’Iran.

Orrore e rivoluzione in Iran

"A noi piace parlare: in Iran non si può essere donna"

Abbiamo intervistato Leily e Nyusha, due ragazze iraniane, per parlare della situazione delle donne e delle rivolte in Iran, che sono scoppiate nel 2022 dopo l’uccisione di Masha Amini, colpevole solamente di avere una ciocca di capelli fuori dal velo.

Cosa sta succedendo in Iran? Se ne sta parlando tanto…

Leily: "Sì, ultimamente se n’è parlato tanto, anche se in realtà questa non è la prima rivolta che scoppia nel nostro Paese; infatti, circa ogni cinque anni, dal 1979, scoppiano sommosse volte a migliorare le condizioni di vita e ripristinare diritti presenti prima dell’avvento della Repubblica teocratica. Purtroppo però sono sempre state soppresse violentemente e nascoste al mondo"

Chi partecipa alle rivolte e come?

Leily: "Giovani donne ma anche mamme che non vogliono far vivere le proprie figlie nelle stesse loro condizioni. Contribuiscono anche i ragazzi, con gesti non violenti ma significativi.

Nyusha: "Un esempio è lo “schiaffo del turbante”, ovvero ragazzi che tolgono il cappello agli ecclesiastici in segno di protesta oppure studenti che strappano le pagine dei testi scolastici raffiguranti l’ayatollah Khomeini. Altri atti simbolici sono il taglio di una ciocca di capelli, ballare per strada, cantare “Per”, l’inno della rivolta.

Come vengono puniti questi gesti se individuati?

Leily: "Durante le rivolte la polizia morale spara pallini di piombo che feriscono gravemente i

manifestanti e se si viene arrestati si rischiano da una settimana a un anno di carcere.. Due ragazzi che ballavano per strada, per esempio, stanno scontando dieci anni di carcere mentre un uomo, arrestato per l’omicidio della moglie, ne sta scontando solo otto"

Quale era la vostra giornata tipo in Iran?

Leily: "Quando andavo a scuola, maschi e femmine erano divisi in aule diverse e durante l’uscita; anche in autobus una sbarra ci separava. Maschi e femmine studiavano cose diverse e non potevano stare insieme, ma io mi camuffavo da ragazzo con i vestiti dei miei fratelli e giocavo, andavo in bici, frequentavo gli amici. Era pericoloso... "

Come è nato tutto questo?

A cosa sono dovute le rivolte scoppiate nel vostro paese?

Nyusha: "Durante gli anni il pensiero maschilista ha diffuso un’immagine sbagliata della donna ideale: incinta, a casa con i bambini, senza sogni, speranze, ambizioni. Ma questo alle donne non sta bene ed è per questo che si battono con rivolte, anzi rivoluzioni. Dalle nostre parti si usa dire: “Ovunque sia il fuoco il fumo arriva e brucia gli occhi".

I ragazzi della 3C

dell’istituto comprensivo