STEFANO LOLLI
Cronaca

Rossella Arquà fa dietrofront: "Non mi dimetto"

Minacce a Lodi, diffida al Comune della consigliera leghista. Il sindaco: "Serve provvedimento restrittivo"

Rossella Arquà, ex responsabile provinciale organizzativo e del tesseramento della Lega

Rossella Arquà, ex responsabile provinciale organizzativo e del tesseramento della Lega

Ferrara, 25 giugno 2021 - «Finché il vicesindaco Naomo Lodi continuerà a mantenere il suo ruolo istituzionale, non vedo il motivo per cui io debba lasciare il Consiglio comunale". E’ una ’mossa del cavallo’, per usare il gergo degli scacchi, quella di Rossella Arquà, ex responsabile organizzativa della Lega, indagata per una serie di lettere minatorie inviate al vicesindaco Lodi. Ieri, con una diffida formale protocollata in Municipio – dove la Arquà si è recata personalmente –, l’esponente del Carroccio ha annunciato l’intenzione "di partecipare ai prossimi Consigli comunali, a partire da quello già fissato per lunedì 28, nel pieno possesso delle sue prerogative di consigliere".

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Le dimissioni, presentate lo scorso 11 giugno, devono essere considerate, secondo la nota predisposta dal legale della Arquà Fabio Anselmo, "inesistenti, inefficaci, improcedibili o comunque nulle". Le ragioni di un tale rovesciamento di fronte? Nelle tre pagine depositate ieri in Comune, la Arquà afferma in qualche modo che le dimissioni le sono state imposte o estorte: "Si è approfittato di una mia condizione di gravissima difficoltà emotiva, della quale riferirò all’autorità giudiziaria quando mi sarà chiesto", aggiunge.

Ma nell’atto la ricostruzione è più colorita; all’indomani della perqusizione che ha portato alla sua iscrizione nel registro degli indagati, la Arquà afferma di essere stata chiamata dal segretario provinciale della Lega Davide Bergamini, che le avrebbe "intimato perentoriamente di rasegnare le dimissioni, oltre che dalle cariche di partito, anche da quella di consigliere comunale. Lo stesso Bergamini – si legge nella diffida –, le preannunciava che il giorno successivo la stampa avrebbe dato ampio risalto alla notizia delle indagini a suo carico". Poco dopo, nella ricostruzione della Arquà ecco arrivare la chiamata del presidente del Consiglio Lorenzo Poltronieri, "che la invitava a recarsi in Comune per firmare le dimissioni. A fronte del rifiuto, Poltronieri con fare insistente chiedeva alla sottoscritta – prosegue l’ex leghista – dove si trovasse in quel momento".

E qui scatta il fatto più curioso: la Arquà era in Posta, e al rifiuto di andare in Comune, Poltronieri l’ha raggiunta assieme al funzionario Giuseppe Milone (segretario del presidente del Consiglio) "facendole firmare lungo la strada, in prossimità dei cassonetti dell’immondizia, un documento già predisposto, contenente le dimissioni, che la stessa non ha avuto nemmeno modo di leggere compiutamente".  

Quella firma sul bidone del pattume, incalza la Arquà, è avvenuta "in un momento di assenza di lucidità, in cui la stessa si trovava in uno stato di profonda ed evidente prostrazione e disorientamento emotivo, a fronte della perquisizione domiciliare da poco subita – prosegue la diffida –, e della preannunciata falsa e martellante campagna di stampa relativa alla sua vicenda giudiziaria". Tra le righe, perciò, sembra trapelare anche la volontà di dire il non detto, prefigurando chissà quali altri colpi di scena in una vicenda già di per sè clamorosa. Ma restando alle dimissioni ora ricusate, il motivo va ricercato nella giurisprudenza che prevede che debbano "essere presentate personalmente e assunte immediatamente al protocollo dell’ente – si legge nel Testo unico degli Enti Locali –. Le dimissioni non presentate personalmente, devono essere autenticate e inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata, con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni".

Non basterebbe, perciò, il fatto che Poltronieri sia stato accompagnato da Milone (che è anche funzionario di stato civile) in qualità di autenticatore. Ci sono sentenze anche del Consiglio di Stato – e qui è il ruolo dell’avvocato Anselmo che entra in campo – "che le dimissioni dalla carica di Consigliere comunale acquistano giuridica rilevanza soltanto a seguito della materiale e personale consegna, da parte dell’interessato, del documento contenente l’atto di volontà al protocollo, con la connessa identificazione da parte del personale addetto". I messaggi Whatsapp inviati dalla Arquà al presidente Poltronieri e allo stesso vicesindaco Lodi, con i quali dichiarava la volontà di dimettersi, non possono dunque sostituire quanto previsto dalla normativa. O emendare i presunti vizi procedurali. Ieri perciò la Arquà si è presentata in Municipio per bloccare l’iter della surroga (al suo posto dovrebbe entrare lo storico militante della Lega Stefano Franchini). Se ciò non avvenisse, scatterebbe una denuncia con "impugnazione di ogni atto lesivo al diritto di assolvere al mandato elettivo".