Squillo di lusso per la Ferrara bene, il verdetto del giudice

Tre persone erano a processo con l’accusa di aver sfruttato un paio di ragazze. La procura aveva chiesto pene fino a due anni e tre mesi

Squillo per la Ferrara bene

Squillo per la Ferrara bene

Ferrara, 13 settembre 2022 - Tutti assolti, seppur con formule diverse. Si è concluso in questo modo il processo che vedeva imputate tre persone per un presunto giro di squillo e incontri con clienti della ‘Ferrara bene’. A giudizio per quei fatti c’erano un romeno di 24, un italiano di 42 e un albanese di 33 anni (difesi dagli avvocati Filippo Sabbatani, Eva Neri e Cecilia Tessarin). Per loro, nel corso della precedente udienza, il pubblico ministero Barbara Cavallo aveva chiesto pene da un minimo di due a un massimo di due anni e tre mesi. Richieste non accolte dal giudice Alessandra Martinelli, che nel pomeriggio di ieri ha emesso una sentenza di assoluzione per ognuno dei tre imputati. La decisione è arrivata dopo un lungo e articolato processo, che ha visto anche il deposito di corpose memorie sia da parte della pubblica accusa che da parte dei difensori.

Giro di prostitute per la Ferrara bene, chieste pene per oltre sei anni

All’origine del procedimento giunto ieri alla conclusione del primo grado di giudizio c’era un’inchiesta condotta dai carabinieri che contava inizialmente una decina di indagati, le cui strade giudiziarie si sono però ben presto divise. I tre soggetti ritenuti al vertice del gruppo hanno definito la loro situazione patteggiando la pena. Si tratta di Stefana Mioara Poenaru (due anni di reclusione), Silvio Costin (un anno) e Mihaela Adina Porutiu (un anno). I tre finiti a giudizio erano gli ultimi rimasti ‘in ballo’.

Secondo le accuse formulate a vario titolo, il gruppo avrebbe allestito un sistema di prostituzione con un tariffario a cui erano sottoposte anche le stesse ragazze. Ognuna di esse, infatti, era soggetta a una sorta di ‘doppio livello’ di sfruttamento. Per prima cosa, sostengono gli inquirenti, avrebbero dovuto versare una quota per vendere il proprio corpo in strada o in appartamento. In un secondo momento, poi, dovevano corrispondere al proprio protettore una parte di quanto guadagnavano dagli incontri con i clienti, molti dei quali della ‘Ferrara bene’. Per quanto riguarda i tre protagonisti di questo processo, l’accusa era di aver sfruttato la prostituzione di una paio di ragazze. Contestazione che però non ha retto al vaglio del tribunale.