
Un nuovo e prestigioso traguardo raggiunto da Fondazione Acaref Onlus di Ferrara grazie alla preziosa collaborazione di AIsa odv sezione Lombardia: l’attivazione del primo dottorato di ricerca in “Terapie avanzate e farmacologiche sperimentali”, che si svolgerà all’Università degli Studi di Ferrara.
A beneficiarne la dottoressa Mariangela Pappadà, già membro del team impegnato nel progetto di ricerca finanziato dalla Fondazione dal 2018, che ha un obiettivo tanto grande quanto importante: portare avanti la ricerca scientifica sulle sindromi atassiche, grazie al lavoro di giovani e brillanti ricercatrici che hanno trovato nella loro città una possibilità di futuro. Pappadà, affiancata dalla professoressa Peggy Marconi e della dottoressa Francesca Salvatori, nel prossimo triennio sarà impegnata nello “Sviluppo di strategie terapeutiche per la cura dell’Atassia Spinocerebellare di tipo 2 (Sca2)”, oltre a proseguire lo sviluppo di strategie in favore della Sca1, punto di partenza del loro lavoro.
"Insieme alle mie colleghe – racconta Pappadà – abbiamo stilato un piano di lavoro per i prossimi tre anni da validare in vitro, fino ad arrivare alla parte pre-clinica. Questa è l’unica possibilità per lavorare sulle atassie spinocerebellari, un raro tipo di atassie cerebellari a trasmissione genetica caratterizzate dalla compromissione della coordinazione del movimento muscolare volontario, generalmente causata da una disfunzione che avviene a livello del cervelletto". Il punto focale e terribile che caratterizza tali patologie è la mancanza ad oggi di trattamenti in grado di ritardare l’insorgenza, arrestare o rallentarne la progressione. Per questo Acaref ha voluto impegnarsi finanziando negli anni un unico progetto di ricerca, per dare continuità ad uno studio innovativo e promettente.
"La ricerca scientifica – continua – necessita di molto tempo e moltissimi fondi. È difficile rendersi conto, per chi non è coinvolto direttamente o non le conosce, della gravità di queste malattie che colpiscono interi nuclei familiari perché genetiche. La Fondazione sta lavorando proprio per far conoscere la malattia e sensibilizzare a una donazione che è vitale per continuare a fare ricerca e salvare delle vite".