REDAZIONE FERRARA

"Tre anni fa Cinzia uccisa dal compagno"

Il sindaco Pagnoni e la comunità hanno ricordato la Fusi. "Il dolore di oggi è straziante come e forse più del giorno dell’omicidio"

"Il dolore di oggi è straziante come e forse più di tre anni fa". Di quel 24 agosto 2019 quando Saverio Cervellati massacrò la compagna Cinza Fusi a colpi di mattarello. E’ il primo cittadino di Copparo, Fabrizio Pagnoni, a ricordare quell’episodio, ancora tremendamente vivo nella memoria di una comunità che da quella mattina, forse, è cambiata per sempre. All’epoca dei fatti, Cervellati si lanciò con una furia cieca contro la donna, all’interno del market dove lavoravano (lui era anche il suo capo), salvo poi avvertire in prima persona i carabinieri. La corsa disperata verso l’ospedale fu, però, inutile: la Fusi morì poche ore dopo e per l’uomo arrivarono le manette. Le indagini e il processo hanno poi confermato la dinamica, tanto che lo stesso Cervellati oggi sta scontando l’ergastolo. Ma la giustizia del tribunale non ha minimamente scalfito la tristezza per la morte della 34enne. "In quella giornata – prosegue il sindaco di Copparo – abbiamo perduto una vita, la vita, di valore inestimabile, di una giovane donna e abbiamo conosciuto, sperimentandolo sulla nostra pelle, il senso del vuoto e della sconfitta causato da un crimine abominevole come il femminicidio". Un caso, tra l’altro, balzato agli onori della cronaca proprio per quest’ultimo aspetto: la condanna al carcere a vita per il killer fu una delle prime sentenze definitive – probabilmente la prima nella nostra regione – all’indomani della modifica del ‘Codice rosso’. Proprio tre anni fa, infatti, venne introdotta l’aggravante legata alla relazione affettiva tra l’omicida e la vittima. La Cassazione, in seguito, confermò il verdetto, dichiarando inammissibile il ricorso della difesa, che aveva chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche. Fu una vittoria, all’epoca, per l’avvocato Denis Lovison, legale di parte civile per i familiari e per i Comuni di Copparo e Riva del Po (dove Fusi lavorava e viveva). Ma oggi, come detto, quella soddisfazione è svanita. All’interno della comunità resta il senso di rabbia, per un gesto folle.

Matteo Langone