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Ancora difficoltà per gli apicoltori

Il presidente Miliffi: "Pratiche burocratiche complesse e costi per portare le api nelle riserve biogenetiche del Parco" .

Ancora difficoltà per gli apicoltori

Non c’è pace per gli apicoltori del forlivese. Infatti dopo la siccità dell’estate 2022 e l’alluvione dello scorso maggio ora gli apicoltori incontrano nuove difficoltà per praticare il nomadismo delle api nelle Riserve Biogenetiche Statali ricomprese all’interno del Parco nazionale delle Foreste casentinesi monte Falterona e Campigna ma gestite dal Reparto Carabinieri per la Biodiversità di Pratovecchio.

A porre l’accento sulle difficoltà che incontrano gli apicoltori per gli spostamenti a titolo di nomadismo a fini produttivi nelle Foreste casentinesi è proprio il presidente di Afa (Associazione Forlivese Apicoltori Soc. Agricola Cooperativa) Pietro Miliffi. "Sebbene continuano le attività nell’ambito della ‘Direttiva Impollinatori’ finanziata dal Ministero dell’Ambiente – precisa Miliffi – per l’indirizzo delle attività dirette alla conservazione della biodiversità, gli apicoltori che intendono spostare le api a fini produttivi all’interno delle Riserve Biogenetiche Statali trovano difficoltà per il disbrigo delle pratiche burocratiche e gli alti costi per l’accesso e la permanenza all’interno delle aree. Le api e gli altri insetti impollinatori svolgono un ruolo determinate anche nel mantenere la ricchezza vegetale naturale presente all’interno delle aree protette. Per questo i Parchi stessi sono impegnati attivamente con iniziative e progetti di carattere scientifico ma anche divulgativo nonché di promozione del settore apistico e dei meravigliosi prodotti che le api ci donano". Quello che succede nella pratica è lo stesso presidente degli apicoltori a spiegarlo. "Quando l’apicoltore però decide di portare le api in questi ambienti, si trova a dover presentare la domanda al Comando Forestale di Pratovecchio (costo 200 euro per la domanda), poi deve aspettare il benestare dell’Ufficio del Demanio dello Stato e successivamente provvedere al pagamento anticipato di 5 euro ad alveare per un mese di permanenza all’interno del territorio". Queste nuove disposizioni hanno fatto infuriare gli apicoltori che di solito portavano le loro arnie nelle abetine ad esempio di Campigna (1.190 ha) o della Lama, per la produzione della melata d’abete, una tipologia di miele ricavata per suzione di linfa di conifere in particolare dell’abete bianco e che ha particolari proprietà antibatteriche, antisettiche e lenitive. "Un miele non facile da produrre in quanto necessita di giusta umidità e temperatura, per cui non è detto che la produzione di miele sia automatica col posizionamento delle api.

In molti casi non si produce nulla, mentre i costi fissi restano. Per questi motivi sarebbe opportuno – conclude il presidente degli apicoltori – un adeguamento della normativa nelle Riserve Biogenetiche dello Stato e per gli accessi nelle zone di pascolo il cui mantenimento come quello delle aree aperte è finanziato con risorse dell’Unione Europea in specifici progetti Life, facilitando gli apicoltori nel loro prezioso lavoro di salvaguardia della biodiversità".

Oscar Bandini