Caterina Sforza

I ragazzi hanno raccontato le scene di vita quotidiana della scuola e si sono interrogati sui problemi che affliggono gli studenti

Caterina Sforza

Caterina Sforza

Ore 8: suona una campanella, poi un’altra. Tutti seduti. Tutti? No, qualcuno arriva sempre un po’ più tardi. Poi comincia. La lezione? Anche, ma comincia soprattutto la vita della classe, il nostro inferno e il nostro paradiso. La classe non è solo uno spazio, non è solo il luogo dove impariamo cose. Nel cuore della quotidianità scolastica, dietro sorrisi e successi scolastici, dietro la facciata ordinata di una classe quasi perfetta, giacciono storie complesse, intriganti, e segreti che a volte vengono alla luce.

Se qualcuno camminasse lungo i corridoi della nostra scuola, ma probabilmente di ogni scuola, vedrebbe porte chiuse che si riflettono, ordinatamente, sui pavimenti tirati a specchio dal personale scolastico che qualcuno chiama ’personale Ata’, ma che noi, invece, ’abitanti’ delle classi, chiamiamo per nome: Nico, Pam, Giusi, tanto per fare un esempio. Se qualcuno camminasse lungo i corridoi, potrebbe vedere improvvisamente aprirsi una porta di una classe e uscire un ragazzino, naso e occhi rossi, qualche lacrima a segnare il volto. Un’altra porta si apre e ne esce un altro, saltella per il corridoio o ci cammina lento lento, un passo dopo l’altro, si guarda la punta delle scarpe, è pensoso. Allora si può sentire una Giusi o una Pam che con dolcezza chiedono: "ma cosa è successo?". Già, perché dietro quelle porte, nelle classi, succede sempre qualcosa: dinamiche complesse che delineano il quotidiano confronto degli studenti fra di loro e degli studenti con gli insegnanti.

La nostra classe è una classe ’normale’, come tutte le altre: ci sono i secchioni, i pigri, gli incappucciati nonostante i rimproveri (per informazione di chi non mette piede in una classe da anni, non si può stare al banco con il cappuccio della felpa tirato sulla testa) e purtroppo anche i disturbatori incalliti, quelli che invece di suggerirti qualcosa ti sussurrano una parolaccia, ti nascondono l’astuccio, tamburellano con la penna sul banco. Noi, come tutti gli altri, abbiamo dei piccoli segreti, che spesso vengono messi allo scoperto quando il sipario si chiude, dietro le quinte dello spettacolo delle ordinate classi con porte chiuse, addobbate con cartelloni colorati, disegni, stickers. Per sapere cosa succede dietro le quinte di una classe quasi perfetta abbiamo intervistato, in giro per la scuola, studenti, professori e alcuni collaboratori scolastici, ponendo queste 3 domande: "Ti trovi bene nella tua classe con i compagni e con i tuoi professori?", "Secondo te ci sono atteggiamenti negativi?", "Questi problemi sono risolvibili tra compagni o con l’aiuto dei professori?".

Ecco le risposte con le relative percentuali: il 98% ha risposto che si trova molto bene nella propria classe, con i compagni ma soprattutto coi professori. Il problema principale è la divisione in gruppetti, soprattutto tra maschi e femmine, che si snobbano a vicenda e che finiscono per escludere qualcuno. I professori, in generale, se ne accorgono e cercano di risolvere. Il 76% dice che ci sono diversi atteggiamenti negativi: si tratta in generale di prese in giro e dispetti, anche fisici, non veri atti di bullismo ma comunque pesanti e sono quelli che più di tutti fanno piangere. Secondo il 56% degli studenti intervistati, questi atteggiamenti negativi non sono risolvibili né con l’aiuto dei compagni, né dei professori, che comunque dedicano molte ore a parlarci, individualmente, a piccolo gruppo, a classe, di rispetto, di buone relazioni fra compagni, di solidarietà e collaborazione.

Da queste interviste ci sembra di poter dedurre che il male peggiore e il bene maggiore nelle nostre classi siamo noi stessi, che i professori, anche con le loro note e i compiti e i rimproveri, alla fine sono quelli che rendono le nostre classi quasi perfette, quelle classi che a volte viviamo come un inferno, ma che un giorno ricorderemo con un sacco di nostalgia.

Classe 2ªC