Covid Forlì, calano le restrizioni: "L'emergenza è finita"

Il primario di Rianimazione di Forlì: "Da settimane zero positivi ricoverati". Ancora dieci le case di riposo colpite: i sintomi però sono lievi

Stefano Maitan al centro tra i sanitari del reparto

Stefano Maitan al centro tra i sanitari del reparto

Forlì, 1 aprile 2022 - Si è chiuso ieri lo stato d’emergenza disposto dai governi per affrontare la pandemia da Covid e da oggi si allentano le misure restrittive. Per esempio: niente certificato rafforzato per accedere a uffici pubblici, negozi e banche, basterà il Green pass base per entrare nei bar, nei ristoranti e negli alberghi. A Stefano Maitan, primario di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Forlì, reparto che ha trattato tanti pazienti gravemente colpiti dal virus, chiediamo di fare un bilancio su quanto accaduto da due anni a questa parte.

Dottor Maitan, qual è la situazione attuale?

"L’attività è molto cambiata, dal punto di vista Covid. Siamo stati fra le prime Rianimazioni a non avere più ricoverati, sono ormai settimane che non vediamo pazienti afflitti dalle forme più gravi del virus".

Vogliamo ricordare i motivi?

"Il virus è mutato, i cicli vaccinali hanno interessato la stragrande maggioranza della popolazione e sono a disposizione nuove terapie. L’impegno contro il Covid si è ormai diversificato".

L’organizzazione ospedaliera è tornata come nel 2019?

"Quasi, dobbiamo mantenere una sala per i pazienti che sono positivi e devono essere ricoverati. Ci sono in sostanza due posti letti sempre a disposizione per eventuali pazienti Covid che risultano gravi. Ovviamente, se non si presentano tali emergenze, i posti sono destinati agli altri malati".

Molti esperti sostengono che dovremo abituarci a convivere col Covid come accade per l’influenza.

"Se non ci saranno altre mutazioni, è probabile che lo scenario sarà quello: una patologia endemica che non susciterà però allarmi particolari".

Se si guarda indietro, quali sono stati i momenti più difficili?

"Direi tutto il 2020, in particolare i primi mesi quando si aveva a che fare con qualcosa di sconosciuto. All’inizio del 2021 poi si sono pagate alcune carenze che si erano determinate. La sanità è stata colpita doppiamente: una prima volta dallo stesso virus, la seconda perché non si sono effettuate molte prestazioni, che hanno generato problemi di vario genere".

Siete ancora impegnati a recuperare questa sorta di ’arretrato’?

"Sì, lavoriamo persino più di prima. Le chirurgie sono alle prese con patologie urologiche, l’ortopedia protesica e in generale i tanti interventi non oncologici relativi a malattie che comunque peggiorano in modo significativo la qualità della vita delle persone. Ricordo che per un certo periodo la gente non veniva in ospedale e saltava i controlli".

Com’è coinvolta l’unità operativa che dirige?

"L’attività chirurgica riguarda anche noi in qualità di medici anestesisti e rianimatori. L’attività ora richiede sforzi maggiori rispetto al 2019, il che comporta orari molto pesanti e poche possibilità di fare ferie. L’anestesia soffre di una cronica carenza di personale, fenomeno che coinvolge un po’ tutti gli ospedali italiani".

Quanti medici vi mancano?

"Siamo sotto organico di 6 unità, un problema che si risolverà solo quando arriveranno i nuovi anestesisti. L’Ausl è consapevole di questo fatto, espleterà nuovi concorsi e ricorrerà a mobilità esterna. La prima ondata è attesa a novembre di quest’anno".

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