
Il rendering del progetto eolico Montebello, area fra Modigliana, Tredozio e Rocca
Il progetto ‘Parco Eolico Emilia’ per l’installazione di un impianto industriale di pale sui crinali dell’Appennino imolese è stato bocciato lo scorso mese di dicembre dal Mase, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, d’accordo con la Sovrintendenza speciale per il Pnrr del Ministero della Cultura. La notizia è stata accolta con soddisfazione dalle realtà del territorio, dalle Istituzioni del circondario e dalle forze politiche contrarie all’installazione delle turbine eoliche. Ma anche dai rappresentanti di ‘Salviamo l’Appennino Faentino-Forlivese’, gruppo civico modiglianese in continuo allargamento, che si batte per la salvaguardia delle colline prospicenti alle valli del Tramazzo e del Lamone e che fa parte di Tess (Transizione Energetica Senza Speculazione), coalizione interregionale ambientalista cui aderiscono importanti associazioni come: Italia Nostra, Wwf Forlì-Cesena e Rimini e Cai Emilia-Romagna.
Il parere negativo al progetto, presentato dalla società ‘Emilia Prime Srl’, riguarda gli aspetti di numerosi analoghi impianti per la produzione di energia rinnovabile previsti nel territorio appenninico romagnolo, tuttora in fase di valutazione al Mase. Il progetto ‘Montebello’ è tra questi e prevede la collocazione di otto turbine alte 200 metri nei pendii prossimi a Modigliana, Tredozio e Rocca San Casciano, già bocciato all’unanimità dalle tre amministrazioni comunali, dalle forze politiche del territorio e dall’Unione dei Comuni della Romagna Forlivese. Critiche al progetto sono state sottoposte al Mase da Regione Emilia-Romagna, Provincia di Forlì-Cesena, Arpae Emilia-Romagna e Ministero della Cultura Sovrintendenza Speciale per il Pnrr.
Il gruppo civico auspica, in un lungo comunicato, che "il progetto ‘Montebello’ sia fermato dal Mase, perché incompatibile con la realtà territoriale su cui insisterebbero le otto enormi pale eoliche visibili fino al mare, per il versamento in zone boschive di decine di migliaia di tonnellate di cemento armato e l’escavazione di 25 km di cavidotti sotterranei; inoltre risulterebbe devastante per le attività turistiche e le coltivazioni di eccellenza della zona e decisamente pericoloso in un territorio ad altissimo rischio idrogeologico".
Inoltre "le gigantesche fondazioni delle turbine prevedono l’utilizzo di centinaia di pali in cemento armato da infiggersi a una profondità di oltre venti metri, mentre il passaggio degli autoarticolati lunghi 100 metri, adibiti al trasporto delle pale, richiederebbe ingentissime opere di sbancamento per l’allargamento della rete viaria tra Faenza e il sito preposto, oltre alla costruzione di nuove piste larghe fino a 14 metri in una zona ad alto valore naturalistico, già resa fragilissima dalle migliaia di frane – 7mila censite – verificatesi dopo le alluvioni del 2023 e del 2024".
Per la scarsa ventosità della zona, fra l’altro, l’impianto non garantirebbe nemmeno la produzione di energia ‘pulita’ visto che gli stessi proponenti del progetto indicano una producibilità di 2.211 ore annue, al di sotto dai limiti fissati dalla Regione (2.300) come soglia minima per la realizzazione di un impianto eolico.
"Per queste ragioni il gruppo civico chiede alle Istituzioni territoriali e, in particolare alla Regione, chiamata a fissare entro la fine di febbraio quali dovranno essere le aree idonee, ordinarie e non idonee alla costruzione di questi impianti, di prendere ferma posizione contro la realizzazione del progetto in questione, includendo la zona dell’Appennino faentino-forlivese tra le aree non idonee, dichiarandola quindi per legge inadatta a interventi tanto invasivi, impattanti e del tutto inadeguati a un territorio di così alto pregio naturalistico e culturale".