Mobilitazione per Sara: "Fare luce in corsia"

Dopo la denuncia della famiglia a ’Chi l’ha visto’, la politica locale ha incalzato le istituzioni: "Fuga di professionisti da quel reparto: 19 medici dimessi"

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di Serena D’Urbano

Dopo la riattivazione delle ricerche, ora è il momento della mobilitazione collettiva. La denuncia dei familiari di Sara Pedri alla trasmissione ’Chi l’ha visto’, andato in onda mercoledì sera su Rai 3, non ha lasciato indifferente il pubblico della nota trasmissione televisiva. Il sorriso di Sara ha acceso tanti piccoli schermi e ha iniziato a destare numerose domande. La 31enne forlivese manca da casa dal 4 marzo. Ufficialmente è scomparsa. Si teme il peggio, ma le indagini sono ancora in corso.

La famiglia ha chiesto in tv innanzitutto che si continuasse a cercarla – ma il servizio è stato registrato la settimana scorsa, prima cioè della riattivazione, avvenuta questa martedì – e poi che "chi sa parli". La sorella Emanuela e la mamma Mirella Sintoni, stando ai racconti della figlia e ad alcune testimonianze di solidarietà ricevute, sono convinte che in quei 3 mesi di lavoro in Trentino sia accaduto qualcosa di grave a Sara. Nel servizio scorrono le immagini di una ragazza gioiosa il giorno della laurea, sorridente in reparto quando ancora si stava specializzando a Catanzaro. Una testimonianza chiave è anche quella della sua tutor di allora, la dottoressa Roberta Venturella, che la ritrae come assennata e volitiva. Tutto il contrario di una ragazza fragile o incline ad atteggiamenti depressivi. Eppure racconta che, giunta in Trentino, all’ospedale Santa Chiara dove ha lavorato 3 mesi (ma era stata assunta a Cles) prima di sparire, Sara aveva iniziato a mettere un muro, una distanza non solo fisica. Tornata a Forlì a metà febbraio, per un periodo di stacco, era un’altra persona. Le parole che usava più di frequente, spiega la sorella alle telecamere di ’Chi l’ha visto’ erano "terrorizzata" e "incapace". Così si sentiva la 31enne ginecologa che, lauraeata e specializzata col massimo dei voti, "incapace" sino ad allora non lo era mai stata. "Era una professionista in grado di affrontare un inizio di carriera lavorativa", dice ancora la dottoressa Venturella in videochiamata. Cosa allora è andato storto?

Nella giornata di ieri, intanto, sono fioccate le richieste di chiarimenti dal mondo della politica. "Da più di due anni la situazione di Ginecologia è nota agli addetti ai lavori e a chi dovrebbe governare la sanità trentina", scrive Filippo Degasperi, consigliere provinciale e regionale di Onda civica Trentino, che allega una precedente interrogazione datata 22 gennaio 2019 in cui "denunciava la fuga dei professionisti e chiedeva spiegazioni sulle condizioni del reparto" e in cui si legge che "negli anni recenti sarebbero stati addirittura 19 i medici ad aver lasciato il reparto".

La consigliera Lucia Coppola di Europa Verde incalza il presidente della Provincia e chiede "se, considerate le dichiarazioni dei familiari sullo stato di forte stress lavorativo della dottoressa, causato da un ipotizzato mobbing, e allusioni rilasciate in forma anonima da lavoratori del reparto che acclarerebbero tale situazione, siano state avviate delle indagini interne per verificare le condizioni lavorative all’interno del reparto di ginecologia di Trento". Lo stesso ha fatto la consigliera Sara Ferrari, capogruppo PD del Trentino.