Il mulino Partisani chiuso dopo 100 anni: "Macine ancora nel fango, ci resta solo il negozio"

La storica attività dei Romiti, collocata proprio accanto al fiume Montone, è finita sott’acqua lo scorso 16 maggio: "Ora vendiamo farine di altri produttori, ripristinare i macchinari e gli spazi per noi sarebbe una spesa insostenibile"

Giuseppe Partisani mostra il punto raggiunto dall’acqua dentro il mulino: la struttura è a due passi dal Montone (foto Frasca)

Giuseppe Partisani mostra il punto raggiunto dall’acqua dentro il mulino: la struttura è a due passi dal Montone (foto Frasca)

Forlì, 16 aprile 2024 – Quasi cento anni alle spalle e tre generazioni a succedersi in quello che è un mestiere antico, così antico che il suo nome suscita un fascino fiabesco: il mugnaio. Ma qui non siamo in un libro di racconti. Quella del mulino Partisani è una storia – l’ennesima – alla quale l’alluvione ha messo un punto.

Il mulino, inaugurato negli anni Venti del Novecento, ormai non esiste più. "Resta aperto solo il negozio – spiega il titolare Giuseppe Partisani, conosciuto ai Romiti come ‘Pino’ –, ma ormai ai clienti vendiamo solo farine macinate da altri mulini". La parte produttiva, infatti, è stata spazzata via dall’esondazione del Montone, la cui forza motrice per prima ha mosso le macine e che, nel giro di poche ore, si è trasformato nel nemico peggiore di tutti.

Ma queste parole Partisani non vuole sentirle pronunciare: il fiume lui lo difende e, pur nel disastro, mantiene la lucidità sufficiente per considerarlo ancora un vicino di casa innocente: "La colpa non è del Montone. Il mulino l’ha aperto mio nonno, poi è passato in mano a mio padre e ora ci sono io. Dall’inaugurazione di tempo ne è passato un bel po’ e questa non è la prima piena storica che affrontiamo, eppure non abbiamo mai avuto problemi significati. Questa volta, invece è stata una rovina".

L’alluvione di maggio è senz’altro un evento eccezionale che, secondo gli esperti, supera anche le piene storiche alle quali fa riferimento Partisani, ma secondo quest’ultimo i problemi non sono da ricercarsi solo nel meteo impazzito: "Il Montone lo conosco molto bene e posso dire che le manutenzioni che, nel tempo, sono state fatte sul letto del fiume sono state minime e comunque non sono state adeguate: era ed è pieno di fango e detriti ed è ormai altissimo. Per questo l’acqua è andata dove voleva lei, ha superato gli argini e ha distrutto tutto".

Il ‘tutto’ di Partisani erano centinaia di quintali di farina, da buttare in blocco, i documenti che si trovavano in ufficio, dove è entrato oltre un metro d’acqua, e soprattutto i costosissimi macchinari per la macinazione che sono stati completamente sommersi dal fango. E il fango lì è rimasto: "Abbiamo visto subito che non sarebbe stato possibile rimuoverlo, se non con una spesa enorme. Senza contare che anche le macine e le altre attrezzature, una volta liberate, sarebbero state da sostituire, oppure da riparare in maniera consistente. Sarebbe bello che qualcuno ci volesse mettere mano, ma noi non ce la sentiamo". Gli aiuti? "Sì, senz’altro possono servire, ma prima di avere i rimborsi bisogna investire e noi non abbiamo questa possibilità".

Così, ora, Partisani continua la sua attività di commerciante, insieme alla moglie e al figlio, lasciando da parte il comparto produttivo: "Adesso guardo il Montone e i suoi argini e, da inesperto, non mi sembra che sia stato fatto tanto per evitare che il disastro possa ripetersi, eppure non ho paura. Ormai ho fatto a patti con quello che è accaduto e penso che l’importante sia che stiamo bene noi. Per il resto, ormai ho imparato che nella vita bisogna anche saper perdere".