
Stanchezza muscolare dovuta all’allettamento prolungato o, a causa della polmonite interstiziale, difficoltà respiratoria che persiste anche superata la fase acuta. Molti pazienti guariti da Covid manifestano difficoltà a riprendere la vita quotidiana. Una situazione che, spesso, può essere recuperata efficacemente con una riabilitazione ospedaliera o domiciliare. In alcuni casi, invece, la degenza prolungata in terapia intensiva può indurre una cosiddetta ‘Post intensive care syndrome’, caratterizzata da una situazione molto grave di compromissione delle cellule muscolari e nervose del sistema periferico. Gli specialisti parlano di polineuropatia, una malattia infiammatoria di tipo sensitivo-motorio che "simula una tetraplegia e necessita dello stesso livello di intensità e specializzazione".
Questo tipo di pazienti trovano nell’ospedale di Montecatone, riferimento in Italia per la riabilitazione di persone mielolese o con grave cerebrolesione acquisita, una struttura in prima linea anche nel recupero di chi è passato o sta passando attraverso quest’esperienza drammatica. In istituto, sia dall’Emilia-Romagna sia da altre località del Paese, giungono infatti pazienti ‘non tipici’ di Montecatone, ma che necessitano di terapie mirate secondo un programma multidisciplinare personalizzato post Covid. Sono meno di una decina quelli seguiti oggi nella struttura sulle colline imolesi. In alcune situazioni, a causa di un quadro clinico particolarmente instabile, si impone il ricovero in area critica.
"Situazioni in cui la possibilità di uno svezzamento dal ventilatore risulta scarsa – precisa Monika Zackova, direttore proprio dell’area critica di Montecatone – perché i polmoni non garantiscono scambi gassosi sufficienti. Trattandosi di pazienti estremamente fragili, qualunque ulteriore complicanza, soprattutto di tipo infettivo, può essere fatale".
Come ricorda Pamela Salucci, direttore dell’unità operativa gravi cerebrolesioni acquisite di Montecatone, a essere colpito è il sistema nervoso periferico, complicando l’insufficienza respiratoria del paziente già compromessa dal Covid. "Tutto ciò – sottolinea Salucci – può comportare danni anossici o ischemici a livello cerebrale con alterazione della coscienza".
Se invece autonomi dal punto di vista respiratorio, i pazienti accedono direttamente alle unità spinale o gravi cerebrolesioni. Il tempo medio di degenza non è mai inferiore ai tre, quattro mesi.
"Il quadro generale – osserva Carlotte Kiekens, direttore dell’unità spinale – è, nel caso del Covid19, appesantito da un indebolimento generale molto importante e che spesso condiziona il percorso riabilitativo: la tolleranza allo sforzo, ad esempio, è molto bassa così come lo è quella di sopportazione al dolore. Anche il quadro psicologico, in taluni casi, può rallentare le attività riabilitative".
Il programma riabilitativo, preceduto da una valutazione multidisciplinare tra fisioterapista, logopedista e terapista occupazionale cui sono demandati compiti di ricondizionamento del respiro e tolleranza allo sforzo per ottenere un disallettamento quanto più precoce possibile, impone che sia stata raggiunta la stabilità clinica.
"Il supporto fisioterapico è orientato alla rieducazione respiratoria, alla deglutizione, alla riattivazione muscolare globale e alla ripresa del cammino – spiega Simone Rodio, fisioterapista di Montecatone –. Il recupero motorio accompagna la ripresa dell’autonomia della vita quotidiana e, quando possibile, l’obiettivo del cammino".
red. cro.