"Così raccogliamo il plasma iperimmune"

Eleonora Calori, medico del Centro trasfusionale: "Può donarlo solo una persona su 10, ma chi è guarito dal virus si faccia avanti"

Migration

di Gabriele Tassi

Chi lo consacra e chi è più prudente. Rovente da mesi il dibattito sugli effetti del plasma iperimmune, estratto dai pazienti guariti dal Covid e poi somministrato a persone affette dalla stessa malattia per favorirne il decorso. Sperimentazioni iniziate quasi subito dopo lo scoppio della pandemia che però ancora non sono sfociate "in veri studi clinici associati a terapie convenzionali – precisa Eleonora Calori, medico del Centro trasfusionale dell’Ausl –. Nessuno si è ancora espresso nemmeno con linee guida sull’utilizzo del plasma iperimmune sui pazienti, perciò resta a discrezione del medico curante la sua somministrazione".

Nonostante tutto però la Regione ha avviato la raccolta già da fine 2020.

"Sì, anche qui al centro trasfusionale di Imola si applica il protocollo del sistema sangue regionale, che prevede la raccolta – in soggetti volontari – del plasma iperimmune".

Chi si può candidare per il bel gesto?

"Sostanzialmente tutti, a patto che siano guariti dal Covid e siano in perfetta salute".

E questo il primo requisito...

"Sì, il primo, perché poi non è così facile trovare un candidato che sia idoneo alla donazione del plasma iperimmune, succede circa nel 10% delle persone che si presentano da noi".

Quindi non è così facile.

"La selezione è molto astringente e richiede indagini approfondite: prima di tutto bisogna verificare che il donatore abbia effettivamente sviluppato gli anticorpi neutralizzanti, e in seguito, se il primo ’test’ fornisce esito positivo, il campione viene inviato ai laboratorio unico di Pievesistina, dove, dopo circa 15 giorni di coltura in vitro, si riesce a capire se gli anticorpi hanno una buona efficacia contro il virus".

A quel punto?

"Il plasma può essere donato".

Avete avuto molte richieste in questi mesi?

"Il progetto è iniziato lo scorso ottobre, c’è stato un grande interesse verso fine anno, anche per via della risonanza mediatica, ora un po’ meno".

E quanti donatori avete trovato?

"Su un centinaio di persone che si sono presentate (per il plasma iperimmune), sette erano quelle idonee. C’è da considerare che i donatori, per via del decreto ministeriale del 2 novembre 2015 possono essere solo uomini (il rischio è che il plasma femminile immesso in un altro paziente faccia sviluppare la malattia polmonare ’Trani’), e ciò costituisce un ulteriore filtro".

E’ chiaro che così il campo si restringe.

"Si, però, per ora, siamo soddisfatti rispetto alle richieste che abbiamo avuto dal sistema sanitario: siamo sempre riusciti a fornire quanto serviva. Inoltre, non c’è solo la donazione del plasma iperimmune, già che si viene qui, si può raccogliere il sangue, o pure il normale plasma: per noi è molto utile, e servirà a salvare delle vite".

E si può farlo più volte.

"Certo, senza nessuna coercizione, con la sicurezza che il proprio gesto andrà a buon fine".

Stessa cosa vale per il plasma iperimmune? Quante volte lo si può ’estrarre’ dalla stessa persona?

"C’è chi è riuscito a donare fino a tre volte. Chiaramente, più ci si allontana dal periodo della guarigione, più il numero degli anticorpi neutralizzanti scende. Per questo motivo gli esami vengono ripetuti a ogni donazione".