CronacaL’appello di Martina dall’Appennino "Quassù si sta sbriciolando tutto Per favore, ricordatevi di noi"

L’appello di Martina dall’Appennino "Quassù si sta sbriciolando tutto Per favore, ricordatevi di noi"

La giovane di Castel del Rio: "Vivo da sempre tra Romagna, Emilia e Toscana. Nella nostra zona siamo armati di vanghe e pale, e scaviamo come formiche. Ma abbiamo bisogno di braccia e soldi".

L’appello di Martina dall’Appennino  "Quassù si sta sbriciolando tutto  Per favore, ricordatevi di noi"

L’appello di Martina dall’Appennino "Quassù si sta sbriciolando tutto Per favore, ricordatevi di noi"

di Mattia Grandi

L’appello di Martina Bosi di Castel del Rio ha fatto il giro del web. Il punto di vista spontaneo di una ragazzina che abita nella vallata del Santerno preoccupata per quella che sarà la sorte delle sue colline ferite. Già, perché se lentamente l’acqua si ritirerà dalla pianura alluvionata, non altrettanto faranno quelle centinaia di frane che falcidiano le montagne.

"Romagna mia. Sì, con tutto il cuore. Ma anche Emilia mia e Toscana mia – scrive su Facebook –. Vivo da sempre nell’appennino di confine e mi sono sempre sentita parte di tutte e tre le fazioni. La solidarietà romagnola scalda il cuore. E’ meraviglioso vederla in televisione, esplodere nei social e risuonare in tutte le casse di risonanza possibili. Ma ci siamo anche noi".

E ancora: "Quelle piccole realtà, in cui venite a respirare l’aria buona e a staccare la spina, che cercano in ogni modo di ripopolare perché se non fosse per qualche ‘invasato’ resterebbero vuote – continua –. Anche noi, dai 15 anni ai 90, siamo armati di vanghe e pale. Scaviamo le montagne come delle formiche perché della nostra Emilia Tosco Romagnola nessuno ne parla".

Con una amara considerazione: "Le braccia di quegli invasati di cui parlavamo non sono tante come quelle della Romagna – aggiunge la Bosi –. Ragazzi con le moto da enduro, ragazzini con i cavalli che valicano colline sfidando l’ignoto per portare medicine e cibo a gente isolata da ormai una settimana. Senza acqua, gas e luce". Criticità di una terra che sanguina. "Strade che conducevano alle nostre case, a quel poco di civiltà preesistente, fatte in fumo – analizza la giovane –. Gente fatta sfollare anche in questo minuscolo ombelico del mondo con la differenza che se non hai l’amico, il Galletto o la Sala Magnus che ti ospitano, sei nelle pesche".

Uno scenario agghiacciante. "Altri che sono in pericolo ma non lasceranno mai la propria casa perché la loro vita è tutta lì – sottolinea con lucidità –. Nei frutteti o negli allevamenti di animali che sanno riconoscere uno ad uno e chiamano per nome. Campi che danno da mangiare a tutto il circondario ridotti a scenari degni del ‘Trono di Spade’. Acquedotti che scolano giù per le montagne che Islanda spostati proprio".

Danni devastanti. "Agriturismi, bed and breakfast, piccole attività artigianali che danno da mangiare alla nostra e alla vostra gente, perché siamo una gente sola, sbriciolati, crepati, franati, smantellati e tristi – ragiona la Bosi –. Ed ogni chicco di terra, ogni goccia di sudore, ogni sacrificio per crearli, ora sono lacrime che rigano i nostri visi. Dietro ogni via, ogni casa, ogni individuo e ogni campo crollato c’è un viso, un amico. Ma anche una testa di c…o che non sopportiamo da sempre a cui, ora, stiamo allungando la nostra mano".

Poi la richiesta: "Abbiamo un immenso bisogno anche noi – sbotta –. Di audience e non per diventare famosi. Di aiuti economici. Di braccia. Di cuori. Di non sentirci soli. I nostri Comuni stanno facendo l’impossibile, ma come dice uno dei miei film preferiti, ‘nessuno si salva da solo’. Vi prego non dimenticatevi delle vostre montagne".