
E’ Medicina la città più virtuosa del circondario (43,50%), ma per il quorum non è abbastanza. Gli scenari in vista del 2026: FdI e Lega punteranno su chi è rimasto lontano dalle urne per tentare il ribaltone.
Si ferma attorno al 42%, contro una media nazionale del 30%, l’affluenza imolese al referendum su lavoro e cittadinanza. Nel circondario, il comune nel quale si è votato di più tra domenica e ieri è stato Medicina, dove il 43,50% degli elettori si è recato alle urne; quello con meno folla al seggio, invece, Castel del Rio (affluenza al 32,94%). Per quanto risulti difficili paragonare una consultazione referendaria con un’elezione amministrativa, da ieri i partiti si interrogano su quali indicazioni trarre in ottica comunali 2026. L’affluenza è ben lontana da quella che ci si aspetta la prossima primavera (nel 2020 votò quasi il 67% degli aventi diritto), ma rappresenta comunque una base di partenza per provare a imbastire qualche ragionamento.
Visto chi sono stati i principali sostenitori di questo referendum, è facile intuire che buona parte degli oltre 22.500 elettori (su 53.545 aventi diritto) che si sono recati alle urne tra domenica e ieri rappresentino lo zoccolo duro dei sostenitori del Pd, e più in generale dell’area di centrosinistra, e del M5s. Un campo largo come quello fin qui descritto, modello regionali 2024 per intenderci, ben difficilmente verrà però replicato tra un anno in riva al Santerno vista la distanza tra Dem e pentastellati a livello locale. Nel 2020, la coalizione a sostegno della candidatura a sindaco Marco Panieri collezionò quasi 19.700 voti, che uniti a quelli personali dell’attuale primo cittadino portarono a un totale di oltre 20.500. Il M5s superò invece quota 2.200, comprese le preferenze per l’allora candidato Ezio Roi. Insomma, in qualche misura, i conti tornano.
Ci sono però le forze civiche. All’area progressista fanno riferimento anche i quasi 2.700 voti che nel 2020 andarono alla candidata Carmen Cappello, che tuttavia in questi 5 anni è sempre rimasta lontana dalle posizioni del Pd. Ancora più difficili da incasellare, guardando all’esito del referendum e proiettandolo sul 2026, appaiono poi gli oltre 700 elettori che nell’ultima tornata elettorale puntarono su Andrea Longhi.
Legittimo pensare, invece, che la stragrande maggioranza dei 9.500 e più che nel 2020 sostennero il centrodestra (rappresentato allora dal leghista Daniele Marchetti) siano rimasti lontani dalle urne sabato e domenica assieme a quegli imolesi non così convinti da Pd e alleati. È a loro che FdI, Lega e FI punteranno per provare il ribaltone in Comune. "Può e deve nascere una nuova proposta politica, larga, credibile, capace di riconnettersi con la società e offrire una nuova prospettiva di futuro – ha detto ieri Panieri commentando l’esito del referendum –. Noi, a Imola, nel 2020 abbiamo scelto di ripartire così. Dopo una sconfitta, ci siamo assunti la responsabilità di voltare pagina, chiedendo scusa per ciò che non aveva funzionato e proponendo una visione nuova. Abbiamo costruito un progetto con lo sguardo rivolto non solo al 2025, ma anche al 2030, immaginando insieme un futuro diverso. Imola ha raccolto quella sfida e oggi sta cambiando. Saremo giudicati per ciò che stiamo facendo, com’è giusto che sia. Ma siamo convinti che la politica, per essere utile, debba saper entusiasmare, indicare un orizzonte, proporre un’alternativa".