
Alfredo Mancini, titolare della Orim, la società di smaltimento rifiuti speciali con sede a Piediripa (foto Pierpaolo Calavita)
Diffidata dalla Provincia per i cattivi odori che uscivano dall’azienda, la Orim ha fatto ricorso al Tar, ma i giudici hanno condiviso le contestazioni mosse dagli enti e dato torto all’azienda. La vicenda nasce in seguito all’incendio nell’azienda del 6 luglio 2018. Domate le fiamme, scattarono prima il sequestro penale e poi, dichiarato inagibile lo stabile, una serie di provvedimenti per la messa in sicurezza e il ripristino. Con la messa in sicurezza però la Orim aveva evidenziato alcune difficoltà, soprattutto perché per smaltire i rifiuti bruciati in due capannoni era necessario un pretrattamento, che si poteva fare solo riavviando l’impianto. Su questo, l’azienda aveva fatto un ricorso al Tar, e così il 7 dicembre del 2018 la Provincia aveva convocato un tavolo tecnico, dando tutte le prescrizioni su come effettuare il pretrattamento. A questo punto però, il 22 dicembre 2018 un cittadino aveva segnalato i cattivi odori che uscivano dalla Orim, e vigili del fuoco, Arpam e polizia provinciale avevano fatto un sopralluogo, rilevando una concentrazione di composti organici volatili elevata vicino ai cumuli di rifiuti, tra 70 e 90 ppm, e di 5 ppm vicino all’Oro della Terra. I teli in pvc che dovevano proteggere i rifiuti non erano fissati, ma fluttuanti e sollevati dal vento. Sul tetto della struttura c’erano delle aperture. Infine l’impianto di aspirazione non controllava in modo efficace le emissioni. Al momento del controllo, il personale della ditta aveva irrorato i rifiuti con un incapsulante vinilico e li aveva coperti con altri teli. In seguito la Provincia aveva inviato una diffida alla ditta, imponendole il confinamento della campata A, per eliminare le emissioni. E a febbraio, l’Arpam aveva inviato alla Orim un verbale di contestazioni per il mancato confinamento del capannone e il mancato rispetto dei limiti sulle emissioni. Così la vicenda è finita al Tar. Nel giudizio si sono costituiti il ministero dell’interno, la Provincia e il Comune. "Sulla base di legittimi interessi di natura aziendale – ricordano i giudici –, Orim ha lungamente insistito per riattivare i macchinari del capannone A e procedere allo smaltimento dei rifiuti stoccati nei capannoni B e C. Tale richiesta non era in quel momento accoglibile dalla Provincia, visto che l’autorizzazione integrata era stata sospesa e lo stabilimento era privo dell’agibilità". Poi c’era stato un ricorso al Tar, era stato convocato il tavolo tecnico ed erano state date le indicazioni su come procedere, per far sì che dal capannone A non uscissero sostanze pericolose. Ma il sopralluogo del dicembre 2018 aveva evidenziato le irregolarità: i teli in pvc dovevano essere fissi, i fori sul tetto chiusi e i sistemi di aspirazione idonei a impedire le emissioni. Solo dopo la diffida, a febbraio, la ditta aveva adempiuto alle prescrizioni ricevute a dicembre. Così il ricorso è stato respinto.