iGuzzini licenziamenti, l'ad: "Tutta colpa della pandemia"

La lettera dell’amministratore delegato Venturini: fatturato crollato a causa del virus, la cassa integrazione non può bastare

Ceo di IGuzzini, Cristiano Venturini

Ceo di IGuzzini, Cristiano Venturini

Macerata, 1 ottobre 2021 - Usa un linguaggio tecnico e schematico Cristiano Venturini, ceo di iGuzzini illuminazione, società leader internazionale nel settore dell’illuminazione architetturale e parte del gruppo svedese Fagerhult, nell’annunciare a sindacati, Regione e Ispettorato del lavoro la necessità per l’azienda di avviare una procedura di licenziamento collettivo per ben 103 dipendenti. Si tratta, nello specifico, di 15 dipendenti dell’area amministrativa, 35 di quella che si occupa di commerciale, marketing e Centro studi e ricerche, 10 dell’area produzione, manutenzione e qualità, 2 da sicurezza e ambiente, 20 dall’area tecnica-progettazione e 21 dal settore della logistica, in particolare 7 addetti all’assemblaggio, 1 programmazione, 2 acquisti e 11 dai magazzini. In totale 103 persone, decine di famiglie che vivono momenti di grande tensione.

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È colpa della pandemia, dice in sostanza Venturini, snocciolando i conti dell’azienda che non rispondono alle previsioni del "Piano industriale triennale", redatto a fine 2019, che si proiettava su un fatturato consolidato 2021 vicino ai 250 milioni, con investimenti e struttura organizzativa già tarati per quel risultato. "I dati 2021 stanno, invece, evidenziando – spiega Venturini – variazioni negative del fatturato consolidato passato dai 238 milioni di euro del 2019, ai 190 milioni nel 2020 e presumibilmente ai 200 milioni nel 2021, con ciò manifestandosi un calo di fatturato dell’anno 2021, rispetto all’anno 2019, del 16% e del 20% rispetto al fatturato consolidato previsto nel piano industriale triennale". Non c’è più neanche spazio per un ulteriore ricorso alla cassa integrazione, ma è necessario "ritarare l’organico alle mutate condizioni di mercato, pena, per la società, conseguenze economico-finanziarie difficilmente prevedibili. Il consistente ricorso alla cassa integrazione, attuato sin dal marzo 2020, non è prorogabile considerata la situazione di strutturalità a cui l’azienda è ormai addivenuta, in termini di risultati recessivi, per l’impossibilità del recupero di ordini e ricavi". Insomma, non c’è altro da fare se si vogliono "evitare ulteriori perdite di competitività, oltre a quelle accusate". Niente altro se non l’assicurazione che "i dipendenti interessati dal provvedimento, qualora ne abbiano le condizioni, beneficeranno dell’indennità Naspi e che non sono previste attribuzioni patrimoniali aggiuntive ai dipendenti interessati alla procedura di mobilità".