Il farmacista centenario: "Continuo a lavorare"

Il tolentinate Arnaldo Marcelletti: ancora oggi preparo pomate e lozioni, non mi sono neanche accorto di essere arrivato a questa età

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di Lucia Gentili

Ha cento anni e continua a miscelare gli ingredienti per i suoi preparati curativi, tra pomate dermatologiche e lozioni per capelli. Ma anche per le "cartine" dei dolci. Il dottor Arnaldo Marcelletti, storico farmacista di Tolentino, si racconta. Dalla laurea all’università di Camerino nel 1945, da 77 anni quindi, è sempre presente nella farmacia di famiglia, affiancato da figli e nipoti (i cui nomi iniziano sempre con la A, per tradizione). È stato fondatore dello Sci Club e del Circolo Filatelico e Numismatico "Città di Tolentino"; collezionista di cartoline d’epoca, è particolarmente attaccato alle lettere prefilateliche spedite da Tolentino. Tutta la sua vita è legata alla città. Non a caso, ieri sera ha anche ricevuto il premio "Ponte del diavolo" al cittadino tolentinate dell’anno. Ha vissuto la guerra, il terremoto e la pandemia (senza farsi mancare il Covid, un paio di settimane fa). Ha perso la moglie, l’amore della sua vita, nel 2016, dopo 62 anni di matrimonio. "La polvere della farmacia mi ha allungato la vita", dice con ironia. E, da bisnonno, ha un desiderio: vedere anche il secondo pronipote, nato da poco, muovere i primi passetti.

Dottore, qual è il segreto per arrivare a cento anni?

"Mi metto nelle mani del Signore, qualsiasi cosa accada. Io ho fatto una vita piuttosto regolare, finché ho potuto (fino a non molto tempo fa, ndr) sono andato a lavorare a piedi. Mi sveglio alle 8 e poi mattina e pomeriggio sono in farmacia. Ora continuo a dedicarmi alle preparazioni magistrali. Non mi sono accorto di essere arrivato a 100 anni… forse pensare che sono passati oltre 36.500 giorni fa più effetto (è nato il 10 giugno 1922, ndr)".

E invece il segreto per essere un buon farmacista?

"L’umiltà. Non si può essere capaci di fare le cose grandi senza le piccole. Bisogna sapersi adattare, usare termini semplici, come ci hanno insegnato le nostre mamme, non paroloni".

Perché ha scelto questo mestiere?

"Ho seguito le orme di mio padre Arturo. I miei figli, Alberto e Aldo, hanno seguito me e pure i figli di Alberto, ovvero Ambrogio, Amedeo e Arturo, sono farmacisti. Tutti laureati Unicam (Angela, figlia di Aldo, svolge una professione legata al mondo sanitario). È una tradizione di famiglia. Siamo alla quarta generazione".

Perché in famiglia tutti i nomi iniziano per A?

"Anche questa è una tradizione di famiglia, dal mio bisnonno Andrea. Il nome dei miei due pronipoti comincia per A".

Quanto è cambiata la sua professione nel tempo?

"Tanto. Prima si preparava tutto, oggi in pratica è tutto pronto. La gente non aspetterebbe un quarto d’ora per la preparazione di un decotto o di un infuso. Però ancora oggi, soprattutto dai dermatologi, mi vengono chieste pomate particolari, ad esempio per la psoriasi".

Il ricordo più brutto?

"La guerra. Per la chiamata alle armi, ho dovuto passare un anno a Trento come ufficiale farmacista. Sebbene non sia stato al fronte (ero al genio fortificazioni campali), è stata un’esperienza indescrivibile".

Le collezioni a cui tiene di più?

"Le lettere prima dell’invenzione del francobollo spedite da Tolentino, i santini con riferimento alla città e i pacchetti di sigarette".

Perché ama così tanto questa città?

"È casa mia. In particolare sono legato al centro storico".

La richiesta più strana che le hanno fatto in farmacia?

"Un Capodanno di tanti anni fa, alle 23, mi hanno chiesto un prodotto per smacchiare una cravatta".

Un augurio?

"Io vorrei poter ricordare i primi passi del mio ultimo nipotino. In generale, e sempre, ad maiora!".