"Per tutti noi il teatro è stata una scoperta. Riesce a far esprimere le emozioni e permette di revisionare criticamente il proprio passato, cosa che per un detenuto è fondamentale". Giovanni (nome di fantasia), è uno dei fondatori della compagnia teatrale Controvento, che ha in carcere l’appoggio di professionisti esterni. Autogestita, è andata in scena al teatro Lauro Rossi con una rivisitazione della seicentesca commedia dell’arte, interpretando in diversi idiomi dialettali il dialogo dell’innamoramento tra Pulcinella e Pimpinella.
"È iniziato tutto come un passatempo, ma con impegno e costanza è diventato un vero e proprio percorso. Interpretando delle maschere, interpretando dei personaggi, c’è sempre infatti un po’ del proprio Io. Aver aderito alla compagnia è stata una grandissima fortuna". All’interno del gruppo, racconta Giovanni, "discutere e confrontarsi, talvolta anche in maniera accesa, è fondamentale. Andiamo in scena due volte l’anno, cercando di alzare sempre più l’asticella della prova. Per il bene della compagnia e per il bene di ognuno di noi alla fine troviamo sempre una quadra, prendiamo le decisioni sempre tutti insieme".
In carcere gli attori, interpretando tra le varie rappresentazioni anche pezzi di teatro shakespeariano, tra loro hanno "trovato un bell’affiatamento, condiviso e corale". Giovanni racconta che i componenti della compagnia hanno "anche scritto copioni, mettendo dentro attualità e storie personali. Un periodo, per esempio, la nostra compagnia era composta soprattutto da signori meridionali: abbiamo scritto di vita quotidiana e delle emigrazioni dei loro nonni e dei loro genitori, talvolta all’estero, o anche in altri continenti. Scrivendo queste storie, basate su vicende verosimili o realmente accadute, condite talvolta anche con passaggi comici ma rimanendo fedeli alla storia di queste persone e delle loro difficoltà, abbiamo trovato il modo di esprimere il nostro mondo interiore".
Nelle parole di Giovanni ci sono misura e contezza, sia della questione teatrale e artistica che della propria vicenda personale: "Il teatro è stato fondamentale per tutti noi detenuti. A me ha aiutato a compiere una disamina interiore. Tutta la risalita parte da lì. Senza questo passo, senza modo di guardarti allo specchio, è impossibile capire gli errori commessi e affrontare gli altri. Io ce l’ho fatta? Non sta a me giudicare, ma sicuramente il teatro mi ha aiutato molto".
Lorenzo Fava