
La docente di Unimc: ragazzi incapaci di essere in contatto con la parte emotiva "Bisogna affrontare il problema alla radice, non si può solo intervenire dopo".
Fatti gravi, che denotano una sorta di de-realizzazione, cioè distacco dalla realtà e incapacità di essere in contatto con la parte emotiva, che è utile a sentire pena, compassione o paura, e ad arrestarsi in tempo. È come se si vedesse la realtà attraverso un filtro". Paola Nicolini, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Macerata, interviene sull’episodio avvenuto a Civitanova, dove un ragazzino ha subìto un pestaggio brutale da una baby gang, filmato da uno della banda.
Professoressa, perché cresce la violenza tra gli adolescenti? "Nella nostra provincia, così come in una parte del mondo adolescenziale, circola il disagio, che sfocia in episodi come questo. In contesti socialmente molto articolati, e spesso disgregati, possono verificarsi con più facilità, perché è più difficoltoso esercitare un controllo diretto da parte del mondo adulto, cosa che invece può avvenire in ambienti più piccoli e familiari. I ragazzi e le ragazze sono spinti a stare insieme, e questo comporta che si adattino alle richieste del gruppo, per sentirsene parte. Se càpiti nel gruppo sbagliato e non hai a disposizione un solido retroterra educativo, che ti abbia attrezzato a fare la differenza tra ciò che è lecito e ciò che non lo è, puoi divenire preda di comportamenti negativi, socialmente inaccettabili e con conseguenze dannose".
È colpa di qualcuno? "Una parte di responsabilità è attribuibile all’esposizione precoce a contenuti che circolano in rete, siano essi giochi online o video. Un elemento di ulteriore difficoltà è costituito da un mondo adulto sempre più spesso incapace di collaborare e costituirsi come una comunità educante, in cui ogni persona può agire in sintonia con valori condivisi e fiducia reciproca. In questo modo si potrebbero superare le incapacità di alcuni con le competenze di altri, ad esempio nella stretta collaborazione tra scuola, famiglia, amministrazioni locali, oratori, associazioni, forze dell’ordine".
Come prevenire? "Intervenire dopo che i fatti sono avvenuti è più difficile che prevenirli, ma la prevenzione ha tempi lunghi e costi economici. Per questo alla fine se ne fa davvero poca. Si preferisce la repressione, che però non risolve le questioni, in quanto le problematiche a monte dei comportamenti negativi restano senza risposta e rischiano di montare ulteriormente. Si prende il problema dalla coda, invece che affrontarlo dalla radice. Ma ci sono anche alcuni esempi positivi: in un Comune dell’entroterra sta per partire un bel progetto dal punto di vista educativo che vede la collaborazione tra un istituto superiore ed esperti Unimc. Un’avvertenza, infine, per il mondo della comunicazione: non serve aizzare una parte della popolazione contro l’altra, soprattutto quando è costituita da persone con un’identità in formazione, in cui un evento, per quanto disgraziato, rischia di coinvolgere anche la crescita futura, imbrigliando l’individuo in una categoria negativa".