"Mario Garbuglia, lo scenografo di Visconti"

La figlia Dani lo ricorda in un libro: casa nostra era frequentata da Monicelli e Sordi, mio padre aveva un legame romantico con Civitanova

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di Lorenzo Monachesi

"Il libro è sulla storia dello scenografo civitanovese Mario Garbuglia, mio padre, un uomo dal talento immenso". Dani Garbuglia Massidda ha curato il volume "Mario Garbuglia, Luce sulla scena" (Palombi Editore). Nato il 27 maggio 1927 a Fontespina, lo scenografo è morto nel 2010. Garbuglia si è formato a Firenze e a Roma, dopo l’esordio nel 1952 con il film "Le ragazze di Piazza di Spagna" di Luciano Emmer, ha lavorato con grandi maestri del cinema italiano: Mario Monicelli, Vittorio De Sica, Mauro Bolognini, Alessandro Blasetti, Alberto Lattuada. Quella con Visconti è stata la collaborazione più lunga e professionalmente feconda. È durata vent’anni (1957-1976) e si è espressa in nove pellicole (da "Le notti bianche" fino a "L’innocente"). Nel corso di una cinquantennale carriera, Garbuglia ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti. Cinque Nastri d’argento per "Le notti bianche" (regia: Visconti), "La Grande guerra" (Monicelli) - Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia – "Il Gattopardo", "Gruppo di famiglia in un interno" (Visconti); "La storia vera della signora delle camelie" (Bolognini) per cui ha avuto il David di Donatello. Statuetta che ha ricevuto, nel 2006, per il cinquantenario.

Dani Garbuglia Massidda, quanto suo padre era legato a Civitanova?

"Era un legame molto romantico. Parlava spesso della sua casa, ci ha vissuto il barbiere Tonino, un suo cugino molto noto a Fontespina".

Suo padre quando ha scritto questo memoriale?

"A 64 anni, quando è nata mia sorella Zhu, per dirle chi era suo padre, per raccontarle la sua vita. Ho trovato tutto questo materiale e l’ho rimesso a posto".

Il talento di suo padre è emerso subito?

"Era talmente bravo che a 13 anni vinse una borsa di studio per frequentare l’Accademia di belle arti di Firenze. Era il 1940, c’era la guerra ma senza incertezze la famiglia gli preparò la valigia di cartone, ci mise dentro qualche salame e lo fece partire. Questo fatto evidenzia due aspetti: la prepotenza del talento e la capacità della famiglia di vedere la bravura del figlio e di avere fiducia in lui".

L’esperienza fiorentina si è rivelata importante?

"Fondamentale. Ha conosciuto figure come Tosi e Zeffirelli".

Quali sono i passaggi durante la scrittura in cui si è sentita assalire dall’emozione?

"Sono stati parecchi. In quelle pagine è palpabile la riconoscenza verso i genitori, ho avvertito l’emozione vissuta nel 1937 quando in una sala di Penne, dove la famiglia si era trasferita, ha assisté per la prima volta a una proiezione cinematografica. Fu un colpo di fulmine. Ci sono poi momenti divertenti, commoventi, stupefacenti, mio padre ha avuto una vita avventurosa".

Visconti era un regista che chiedeva una ricostruzione aderente al tempo. Nel Gattopardo, per esempio, gli aveva chiesto di ricostruire quel periodo pretendendo che nei cassetti ci fossero vere stoviglie dell’epoca. Suo padre era molto dedito allo studio?

"Lavorava e studiava con un’energia pazzesca. Per affrontare al meglio la scenografia di "Guerra e Pace" ha detto di avere letto 418 libri".

Molti critici hanno inserito "Il Gattopardo" tra i cento migliori film di sempre. Cosa ricorda di quel capolavoro?

"Un’estate indimenticabile. La scuola era finita e tutti partimmo per la Sicilia. Abitavamo a Mondello assieme alla famiglia di Peppino Rotunno, maestro di fotografia, e sentivamo i racconti delle riprese, del palazzo del principe costruito in 45 giorni. Si viveva in un mondo po’ vero e un po’ finto".

Casa vostra era frequentata da attori e registi?

"Sì. Ricordo cene e party memorabili. I miei avevano una cuoca marchigiana di nome Iolanda, i suoi vincisgrassi hanno conquistato tantissimi attori, registi e la troupe. Erano nostri ospiti Monicelli, Alberto Sordi che ogni volta si leccava i baffi".