NOI MACERATESI

Migration

Gentile lettrice, le sue sono domande a cui è difficile, se non impossibile, rispondere. Quanto può essere straziante vedere il corpo di una persona cara, amata, martoriato dal dolore e dalla sofferenza, dall’immobilità, da un futuro che sembra una condanna inumana più che una promessa di vita. È lecito coltivare la speranza, credere che una soluzione magari domani potrebbe esserci. E ancora di più è lecito, per chi ha fede, confidare in Dio e nel fatto che nessun uomo dovrebbe permettersi di modificare i suoi piani, accettando quello che ci viene proposto. Ma è purtroppo altrettanto lecito dare ascolto a chi non ha più cuore per sopportare un dolore del genere, a chi chiede solo di essere liberato da un martirio inumano. Come pure è lecito capire le difficoltà dei familiari, anche loro nel mezzo del dubbio e della disperazione. Al di là dei nostri principi e sentimenti privati, non potrebbe essere più rispettoso lasciare che in ogni singolo caso ci sia un margine di scelta, uno spazio entro il quale potersi determinare, aiutati, affiancati, ma comunque non lasciati soli a patire le nostre sofferenze?