Omicidio di Pamela Mastropietro, le amiche. "Voleva riprendersi la sua vita"

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(foto Ansa)

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Roma, 6 maggio 2018 – «Pamela era bravissima. Aveva deciso di iscriversi con me al liceo di scienze umane Margherita di Savoia, all’ultimo anno. Da privatista doveva fare due anni in uno, per questo aveva già preparato due quaderni di riassunti e schemi perfetti. Aveva un’intelligenza che spaventava, ce l’avrebbe fatta».

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Agnese Caldarola ha gli occhi rossi mentre parla di Pamela Mastropietro, sua amica «da quando eravamo piccole, abitavano vicine e ci eravamo conosciute a piazza Re di Roma. Vedendo studiare me, si era appassionata alla psicologia, così aveva lasciato la scuola da estetista e voleva diventare criminologa». Impossibile dirle di no, concordano Agnese e Beatrice Marcella, «voleva sempre uscire, andare al mare o al centro commerciale».

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«Tutti i giorni all’una arrivava il suo messaggio – prosegue Agnese –, 'o ti vengo a prendere a scuola o vieni da me che faccio la pasta'. Le piaceva cucinare, anche se poi qualcosa si bruciava». Le ragazze sorridono quando ripensano alle cose fatte insieme. «In terza media al Carlo Urbani ci portarono in gita al teatro Golden, sulla Tuscolana – ricorda Beatrice –, e Pamela mi propose di andare a fumare una sigaretta in bagno, dopo un po’ iniziò a uscire tutto fumo e ci sgridarono un sacco».

«Il sabato sera uscivamo insieme e dormivamo insieme – aggiunge Agnese –. Una sera però io persi il cellulare sull’autobus e lei era senza credito; facemmo da Ponte Lungo a Villa Lais praticamente di corsa, con Alessandra che chiamava Pamela per sapere dove fossimo e le urlava al telefono. Appena arrivate a casa siamo crollate a letto».

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Gli aggettivi con cui la descrivono le due amiche sono gli stessi: «Era solare, piena di vita, sempre pronta ad ascoltarti se avevi un problema, anche se li aveva pure lei, era eccezionale. Era un po’ ribelle, ma forte e buona. Non si fermava di fronte ai problemi, li affrontava da sola o chiedendo aiuto, nel bene e nel male ha sempre lottato e ammesso i suoi errori. Per questo aveva deciso di andare a Corridonia, per chiudere con certi problemi e riprendersi la sua vita».

«Ma in quella comunità sono stati tanto rigidi su certe cose, tanto che io non ho mai potuto neppure dirle un saluto al telefono, e poi l’hanno lasciata andare via da sola – attacca Beatrice –. Potevano convincerla a restare. Nessuno mi toglie dalla testa che lì sia successo qualcosa per farla scappare così. Quando ho sentito cosa le era successo non ci potevo credere, tra l’altro lei non si è mai bucata, e lo so perché stavamo sempre insieme: era un problema anche per i vaccini, aveva il terrore degli aghi».

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