Sequestro turista inglese a Macerata, il giudice: "Anche la ragazza era coinvolta"

Il tribunale di Firenze condivide le scelte di Macerata. L’avvocato Scheggia: "Abbiamo filmati che smentiscono le accuse di Demilecamps"

Aurora Carpani in tribunale a Macerata (foto Pierpaolo Calavita)

Aurora Carpani in tribunale a Macerata (foto Pierpaolo Calavita)

Macerata, 29 ottobre 2021 - Il tribunale di Firenze conferma gli arresti domiciliari per i quattro accusati di aver sequestrato il turista inglese Sam Demilecamps. Il giudice rimarca anche il ruolo della ragazza, Aurora Carpani, e sollecita chiarimenti sul debito che il britannico avrebbe avuto con i ragazzi. Ma ritiene che in ogni caso si sia trattato di un sequestro di persona a scopo di estorsione. "Ma le cose non stanno così", dice l’avvocato Vando Scheggia, difensore di Ahmed Rajraji, di Montegranaro, pronto a produrre una serie di conversazioni tramite messaggi sui cellulari e video fatti prima e durante il sequestro a sostegno della versione dei ragazzi. Nei giorni scorsi, da Macerata il fascicolo sulla vicenda è passato a Firenze, dove il turista sarebbe stato rapito il 6 ottobre da Rajraj, Carpani, Dona Conte e Rubens Gnaga, per essere poi portato nell’appartamento a Monte San Giusto di quest’ultimo.

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Come prevede la legge, il giudice per le indagini preliminari del tribunale fiorentino, Antonella Zatini, ha firmato una nuova ordinanza di applicazione delle misure cautelari. Il magistrato, tenuto conto della gravità del fatto e del pericolo di reiterazione del reato, ma anche dell’età degli indagati, tre senza precedenti e uno solo per vicende del tutto diverse, ha ritenuto corretti gli arresti domiciliari, per i tre maschi con il braccialetto elettronico, per la ragazza senza, condividendo le valutazioni del gip di Macerata Manzoni. Su Carpani però, montegranarese difesa dall’avvocato Marco Fabiani, il gip di Firenze sottolinea il fatto che anche lei sapesse del sequestro, pur avendolo negato nel corso dell’interrogatorio. "Carpani – scrive il gip Zatini – afferma di aver avuto una conoscenza superficiale con Demilecamps; non fa alcun riferimento, a differenza degli altri indagati, a rapporti creditori che ella avrebbe potuto vantare nei confronti dell’inglese e che avrebbero potuto creare un contrasto tra i due. Non si capisce perché Demilecamps avrebbe dovuto indicare tra i sequestratori Carpani, per sua ammissione appena conosciuta, se tale indicazione non fosse vera". Quanto al prestito, la cifra di 7mila euro è confermata sia dai tre che dall’inglese.

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"Ma gli importi di cui hanno parlato Conte e Gnaga, anche con la cifra di Rajraji, non consente di arrivare a quella somma. Inoltre, come osserva il pubblico ministero, è difficile pensare che soggetti molto giovani e non particolarmente abbienti avessero immediata disponibilità di uno o due migliaia di euro, da prestare a un soggetto conosciuto da qualche mese. Ma se Demilecamps non parla del prestito dopo la liberazione, fin dalla segnalazione del sequestro pervenuta dall’ambasciata britannica risulta che il giovane era riuscito a chiedere denaro ad amici e familiari per pagare un debito contratto con alcuni soggetti che lo tenevano prigioniero. Dovrà dunque essere oggetto di futuri approfondimenti l’esistenza e la natura di un qualche rapporto debitorio tra la persona offesa e gli indagati".

«Ci sono i messaggi che spiegano come siano andate le cose – assicura l’avvocato Vando Scheggia –. L’inglese aveva avuto bisogno di varie somme, che loro avevano anticipato per lui. Ma al momento di restituirle, lui era andato in Grecia senza restituire un euro. I quattro erano arrabbiatissimi con lui e rivolevano quello che gli avevano dato. Ma non lo hanno picchiato né maltrattato: il turista cucinava per loro, mangiavano insieme, guardavano la televisione. Le manette servivano solo a fare scena per sollecitare amici e parenti a mandargli i soldi". Al gip di Macerata, Gnaga ha detto che Demilecamps aveva già dei lividi quando lo avevano raggiunto a Firenze: avrebbe detto di essere stato picchiato e derubato a Sorrento. "Solo il giorno del blitz dei carabinieri lo avevano ammanettato davvero – continua il difensore –, perché lui alla fine aveva provato a fuggire". I ragazzi avrebbero diversi video fatti con i cellulari, dell’estate passata insieme in giro e poi a Monte San Giusto. Con questi contano di convincere i giudici della loro versione.