
Sindaci, avanti con l’usato sicuro. In due Comuni su tre vince l’uscente
Avanti con l’usato sicuro. In attesa dell’ultimo verdetto legato al ballottaggio di Recanati tra Emanuele Pepa e l’uscente Antonio Bravi, un dato emerge chiaro dalle urne delle comunali: su 36 sindaci eletti in provincia, 24 sono delle conferme. In due Comuni su tre, insomma, il sindaco uscito dalle urne è lo stesso che era in sella prima che i cittadini fossero chiamati a mettere una croce sulla scheda elettorale. C’è chi si appresta a cominciare il secondo mandato – come Noemi Tartabini a Potenza Picena –, chi ha sfruttato l’abolizione del divieto di terzo mandato consecutivo nei Comuni di medie dimensioni – come Andrea Gentili a Monte San Giusto, Leonardo Catena a Montecassiano e Rolando Pecora a Montelupone –, e chi è arrivato alla quinta esperienza da sindaco (come Franco Capponi a Treia) o addirittura alla settima come Giovanni Zavaglini a Gualdo e Pietro Cecoli a Monte Cavallo. Nessuno scossone neanche a Matelica e Montecosaro, dove a prendersi la fascia tricolore sono stati i due vicesindaci uscenti, Denis Cingolani e Lorella Cardinali. Solo due i sindaci uscenti che si sono ricandidati e hanno perso la poltrona: Cecilia Cesetti a Mogliano e, sul filo di lana, Francesco Paolo Giubileo a Urbisaglia, battuti rispettivamente da Fabrizio Luchetti e Riccardo Natalini.
La continuità prevale anche in barba agli orientamenti politici nazionali. Basti pensare al caso di Treia, dove il candidato sostenuto da Fratelli d’Italia – Piero Farabollini – ha perso nonostante alle Europee il partito della premier Giorgia Meloni avesse raccolto addirittura il 45,8 per cento dei consensi (il centrodestra era ampiamente sopra il 60%). Consensi che, evidentemente, non si sono poi riversati sul nome espresso da FdI e dai suoi alleati alle Comunali. Un canovaccio analogo è stato seguito anche in tanti altri paesi dove il centrodestra era ampiamente maggioritario alle Europee, ma poi ha prevalso il candidato sindaco di area centrosinistra: Leonardo Catena a Montecassiano, Andrea Gentili a Monte San Giusto, Mauro Romoli a Pollenza, Mariano Calamita ad Appignano e Matteo Pompei a Monte San Martino. Insomma, una nuova conferma del fatto che alle Comunali si vota più per la persona e meno per affinità di tipo politico.
C’è poi l’aspetto della moltiplicazione dei mandati dello stesso sindaco. A Gualdo e a Monte Cavallo, Giovanni Zavaglini e Pietro Cecoli hanno indossato per la prima volta la fascia tricolore nel 1990, quando Giorgia Meloni frequentava le scuole medie. Dopo 34 anni sono ancora lì e si apprestano a essere proclamati sindaco per la settima volta. A fine mandato, saranno arrivati a 35 anni da primi cittadini, praticamente una piccola monarchia. Una situazione che si presta a valutazioni contrastanti. Da un lato c’è sicuramente l’apprezzamento dei cittadini per l’operato dei loro amministratori. Dall’altro, viene a mancare quell’alternanza che in tanti casi si è dimostrata utile alle crescita delle comunità. Il fiorire di questi sindaci "highlander" è una spia di un problema di ricambio generazionale che interessa i Comuni montani (e non solo), dove si fa sempre più fatica a trovare qualcuno che sia disposto a impegnarsi nella cosa pubblica.