Terremoto nelle Marche, i crolli non fermano il panificio. "Non molliamo" / VIDEO

Durante la scossa del 10 aprile è ceduto il controffitto da Fronzi, a Pieve Torina. Ma la produzione non si è mai fermata

Daniele Pascoli e Stefania Tarantini

Daniele Pascoli e Stefania Tarantini

Pieve Torina (macerata), 12 aprile 2018 - La tenacia e la tempra dei terremotati hanno il volto di Daniele Pascoli e Stefania Tarantini (titolari del Panificio Fronzi di Pieve Torina), dei loro figli e di tutti i loro dipendenti. Una grande squadra, che per la terza volta in un anno e mezzo si è rimboccata le maniche e a tempo record, 12 ore appena, ha rimesso a nuovo l’attività lavorativa dopo la forte scossa dell’alba di martedì, senza fermare la produzione né chiudere al pubblico.

Il 4.6 che ha risvegliato l’incubo del terremoto aveva infatti fatto crollare il controsoffitto del loro nuovo locale – alimentari, panetteria, bar – inaugurato il 25 giugno 2017 con una grande festa. In pochi secondi, i pannelli e i tiranti sono crollati (VIDEO) sugli scaffali pieni di prodotti, rompendo barattoli e bottiglie.

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«In un attimo sembravamo essere tornati a un anno e mezzo fa – ha raccontato Stefania Tarantini – sotto al controsoffitto crollato tutti i nostri sacrifici, la sensazione di dover ricominciare da capo, lo sfinimento di queste scosse che non ci lasciano in pace e il terrore che a ogni movimento sotto ai piedi ci fa gelare il sangue». Ma la famiglia del Panificio Fronzi è campionessa di resistenza e di reattività, e in poche ore l’altroieri mattina – senza aver mai fermato la produzione e continuando senza sosta a servire i clienti fin dalla mattina presto – ha fatto sistemare il danno e in serata era come se nulla fosse accaduto.

Proprio come la mattina del 27 ottobre 2016, con le mani in pasta per sfornare il pane per la popolazione che non aveva più niente, anche questa volta il Panificio Fronzi non si è fermato un momento, segnando il passo per tutta la gente che, pur esasperata dalle scosse infinite, non ha alcuna intenzione di arrendersi. «Certo che abbiamo paura – ha aggiunto Stefania Tarantini – ma siamo più forti di prima e non molliamo». Qualcuno la chiama resilienza, è la caratteristica che di più contraddistingue la gente della montagna che oggi sta affrontando l’incubo infinito del terremoto e che non se ne vuole andare via.

Ma a ogni scossa, quello è sicuro, ritorna nel cuore di ciascuno la paura. «Le sentiamo tutte queste scosse – raccontano le vicine di casetta, Maria Strappaveccia e Alessandra Ciccarelli, di Muccia – qui dobbiamo sentirci al sicuro, perché sappiamo che le Sae sono fatte per restare in piedi, anche se qualcuno ha avuto dei danni. Però qui dentro i terremoti sembrano amplificarsi e siamo comunque circondate da quattro mura bianche che tremano».

Il sentimento è unanime. Se le strutture sono sicure, sono le ferite dell’anima che ancora stentano a rimarginarsi. Lo conferma anche Simona Orfini, postina di Muccia. «Ogni volta è panico, stando a quanto dicono i geologi dovremo abituarci, ma non sarà facile». Concorda anche Rina Basilicocci di Pieve Torina. «Dentro a queste casette abbiamo portato le nostre vite e i nostri problemi – ha raccontato – tutti ne abbiamo, ma vivere in questa situazione di continua incertezza e di terrore amplifica ogni cosa».