
Un operaio al lavoro in un'azienda (foto d'archivio)
L’export contribuisce in maniera considerevole alla creazione del Pil marchigiano. Le cosiddette "multinazionali tascabili", ovvero imprese di dimensioni medie che pur operando in settori specifici riescono a competere efficacemente sui mercati internazionali, costituiscono un tratto distintivo del sistema economico delle Marche. Il contesto internazionale, però, risulta fortemente segnato da un clima di incertezza, riconosciuto indubbiamente come uno dei principali fattori di rischio per le prospettive economiche globali. Questa incertezza, che nei primi mesi dell’anno ha raggiunto i massimi storici, secondo il Global economic uncertainty index, è alimentata non solo dalle crescenti complessità geopolitiche e dai conflitti in corso nel mondo, bensì dalla concreta possibilità di una guerra commerciale su vasta scala. In questo ambito, la politica commerciale dell’amministrazione del presidente Trump, che per portata e imprevedibilità si distingue da quella già implementata nel corso del suo primo mandato, ha introdotto un fattore di instabilità senza precedenti per il commercio internazionale, soprattutto se si considera il peso che gli Stati Uniti hanno nei flussi commerciali globali. Le conseguenze dei dazi rischiano di compromettere, nelle Marche, anche i progetti delle cosiddette aziende "aspiranti esportatrici", vale a dire le imprese che pur non essendo esportatrici, possiedono caratteristiche compatibili con quelle che invece esportano e hanno quindi la potenzialità per iniziare ad operare nei mercati internazionali.
Nelle Marche, le aziende potenziali esportatrici sono complessivamente 255; di queste, 130 appartengono al settore dell’industria e 125 a quello del commercio. Il numero più elevato di aziende potenzialmente esportatrici è in provincia di Pesaro, dove se ne contano sessanta, seguita dalla provincia di Fermo (55), da Ancona (51), Macerata (50) e Ascoli (33). Mettere tutte queste imprese potenziali esportatrici nella condizione di vendere oltre confine potrebbe portare a un aumento stimato tra il 2,6% e il 3% del complessivo fatturato esportato.
Emerge dal rapporto di Unioncamere sulle imprese potenziali esportatrici realizzato dal centro studi Tagliacarne sulla base degli ultimi dati ufficiali sulla struttura delle imprese che esportano, compresi tra il 2015 e il 2021. Nel complesso, il 59,7% delle imprese potenziali esportatrici – 10.173 unità – si concentra al nord, mentre mezzogiorno con il 21% (3.579 unità) e centro con il 19,2% (3.276 unità) esprimono delle potenzialità più ridotte. Il 97,5% delle imprese aspiranti esportatrici conta meno di dieci addetti, mentre la restante parte si divide tra piccole (2,4%) e medio-grandi imprese (0,1%). Ma nelle "emergenti" il peso delle imprese di dimensioni più grandi raggiunge il 3,6%.
Vittorio Bellagamba

