
di Maria Silvia Cabri
È un grido di aiuto quello lanciato dai caregiver che assistono persone fragili, nella maggior parte familiari. Quello che chiedono è il vaccino: per i loro familiari e poi anche per se stessi visto che dedicano la loro vita all’assistenza di persone con gravi fragilità. Nicolino Bonanni, di Carpi, ha 74 anni e dedica la sua vita alla moglie Angela, 66 anni, che soffre di sclerosi multipla da 30 anni e si trova immobilizzata a letto. I due coniugi vivono in un limbo: "Da oltre due mesi ci siamo mossi per poter essere vaccinati al domicilio, specialmente mia moglie che non si muove dal letto, ma ancora non abbiamo avuto alcuna risposta. O meglio: le è arrivato un messaggio sul cellulare per andare a fare il vaccino al centro prelievi dell’ospedale Ramazzini di Carpi. Ma lei non si può muovere, è allettata: ho contattato il numero, ho spiegato la situazione. Sinceramente avevo capito che alle persone allettate il vaccino sarebbe stato somministrato al domicilio: ho contattato il nostro medico di medicina generale. Anche lui si è mosso, l’Ausl ha promesso, ha ‘preso nota’, ma ancora non è venuto nessuno. Da due mesi stiamo aspettando, e soprattutto non sappiamo nulla: se ci dicessero ‘veniamo tra un mese’, almeno avremmo un data da aspettare, ma così viviamo sospesi e si sta male". Nicolino, caregiver, a sua volta rientra tra le persone fragili: "Oltre diabete, ipertensione, principio di insufficienza renale, soffro di un’ischemia coronarica cronica. E assisto mia moglie da anni. Se potessimo essere vaccinati entrambi, forse riusciremmo ad essere più sereni. Che metro di giudizio ha l’Ausl per valutare le persone fragili? Viviamo murati in casa, usciamo solo per le visite mediche: manca qualcuno cui fare riferimento".
Sul punto interviene anche Erika Borellini, studentessa universitaria di Ingegneria, che da otto anni si prende cura della madre Lorenza, colpita da aneurisma celebrale nel 2013: "Dopo tanta attesa e silenzio, venerdì finalmente mamma è stata vaccinata al domicilio. Eravamo preoccupati perché dall’Ausl era arrivata la convocazione per recarsi al centro vaccinale, ma mamma non può spostarsi di casa. Quindi ‘rinunciando’, temevamo che venisse messa in coda alle prenotazioni. Abbiamo vissuto ogni giorno nell’attesa della chiamata, da almeno due mesi". Vaccinata la mamma, ora la preoccupazione ricade su Erika, caregiver: "Reputo che chi si prende cura di una persona fragile dovrebbe essere vaccinato con priorità: se io dovessi ammalarmi chi pensa a mamma? Ma non solo io, tutto il nucleo familiare, badanti comprese, che ruota intorno ad una persona fragile. Anche noi ne abbiamo diritto: non sappiamo nulla sulla tempistica, ma dobbiamo stare vicini ai nostri cari e proteggerli".
"Comprendo pienamente le ansie e le preoccupazioni dei singoli caregiver – chiosa Loredana Ligabue, segretaria dell’associazione caregiver dell’Emilia Romagna -. Abbiamo attivato un iter e chiediamo che siano rispettate le priorità. Ad ottobre l’associazione caregiver Emilia Romagna ha inviato al Ministero della Sanità una comunicazione, poi fatta propria dagli enti nazionali sulla disabilità, al fine di richiedere che i caregiver siano inseriti nel piano nazionale vaccinale, incentrato sulle priorità legate alla gravità delle patologie dei cari che vengono assistiti".
Nell’ambito dei percorsi caregiver, a livello di Azienda Ospedaliera-Universitaria di Modena, nei giorni scorsi è stata approvata una procedura che consente la permanenza ai familiari e accompagnatori negativi nei reparti Covid a fianco dei pazienti disabili. Si tratta di una procedura speciale che è riservata a pazienti esclusivamente con disabilità fisicao psichica. Il personale del reparto aiuterà il caregiver nella vestizione con i dispositivi di protezione individuali e li assisterà all’interno del reparto.