La luce sui visi, le ombre tutt’attorno, la pennellata forte. "Nei dipinti di Hendrick Ter Brugghen c’è tutta la potenza espressiva della rivoluzione di Caravaggio", osserva Gianni Papi che con Federico Fischetti ha curato la mostra dedicata all’artista olandese, aperta da oggi al 14 gennaio 2024 al Palazzo dei Musei, nelle sale espositive delle Gallerie Estensi. Nato nel 1588, Brugghen arrivò in Italia giovanissimo, forse già nel 1605, e vi rimase fino al 1614, spostandosi da Roma a Milano. E Caravaggio fu il suo idolo, il suo riferimento. "Eppure gli studiosi hanno sempre glissato su questo periodo italiano che non è stato mai approfondito", aggiunge lo storico. Per la prima volta in Italia, dunque, la mostra riesce a dare conto di studi approfonditi, riunendo 23 opere (con prestiti eccellenti da tutta Europa), fra cui undici dipinti realizzati da Ter Brugghen nel nostro Paese. "Abbiamo voluto fortemente realizzare questo evento, proprio perché tutte le ricerche sono partite da qui", ricorda la direttrice Martina Bagnoli.
In effetti l’idea è sbocciata da una felice intuizione di Federico Fischetti, funzionario delle Gallerie. Negli anni scorsi i suoi studi si sono concentrati su un dipinto conservato proprio a Modena, un "Santo scrivente" (forse Sant’Agostino) che Roberto Longhi aveva attribuito a Giovanni Serodine, caravaggesco ticinese. "La presenza di quella tela nelle raccolte estensi stava a evidenziare un interesse del duca per la pittura naturalistica – spiega Fischetti – ma c’era qualche dubbio sull’attribuzione". Analisi, radiografie e confronti hanno permesso di individuare in Ter Brugghen l’autore del dipinto. E questo ha portato a rintracciare eccezionalmente i quadri ‘italiani’ del pittore di Utrecht, fra i protagonisti del movimento scaturito dalla rivoluzione di Caravaggio, a fianco di Ribera o altri maestri.
Il percorso ci offre numerosi capolavori di Ter Brugghen come la "Negazione di Pietro" o l’"Adorazione dei pastori" dalla collezione Spier di Londra, il "San Giovanni Evangelista" dai Musei Reali di Torino, il "Santo Stefano" della Collezione Koelliker. "Si notano le pennellate lunghe e robuste, date con forza", sottolinea Papi. "Brugghen, come Ribera o Serodine, è pittore straordinario, più caldo di Caravaggio, seppur meno creativo", annota Sgarbi. Dalla mostra affiora pure un’inedita (e misteriosa) collaborazione fra Ter Brugghen e Giulio Cesare Procaccini, pittore (originario di Bologna) di spicco in Lombardia: si conobbero probabilmente a Milano e lavorarono insieme per qualche mese. Nella "Cena in Emmaus" dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, il volto del Cristo è attribuibile a Procaccini, tutto il resto all’olandese, e analogamente il "San Giovanni Battista" dalla Certosa di Pavia rivela una realizzazione ‘in tandem’. Nella seconda parte, la mostra offre anche splendidi esempi del periodo successivo: "Con il ritorno in Olanda, la pittura di Ter Brugghen si fece più fluida e unita, ricca di virtuosismi laccati", sottolineano i curatori. Ma sempre con lo sguardo rivolto a Caravaggio: la "Vocazione di San Matteo" (dal museo di Le Havre) sembra il controcampo cinematografico del capolavoro di Merisi custodito in San Luigi dei Francesi a Roma. Con il brivido di una luce di meraviglia.
Stefano Marchetti