REDAZIONE MODENA

Duplice femminicidio. I centri anti violenza:: "Sentenza vergognosa"

Montefusco, il coordinamento regionale insorge: "L’impatto di quelle parole sulle donne è devastante"

Montefusco, i centri antiviolenza insorgono

Montefusco, i centri antiviolenza insorgono

Modena, 16 gennaio 2025 – Il coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna insorge contro la sentenza definita "vergognosa" della Corte d’assise di Modena, che ha condannato a 30 anni e non all’ergastolo Salvatore Montefusco, per aver ha ucciso nel 2022 a colpi di fucile la moglie Gabriela Trandafir (47 anni) e la figlia 22enne della donna Renata Trandafir.

"È inaccettabile leggere che la loro morte violenta sia ‘umanamente comprensibile’, sulla base di una sofferenza creata da ‘nefaste dinamiche familiari’", tuona il coordinamento. Secondo i Centri antiviolenza, inoltre, "nelle motivazioni della sentenza di Modena, si ravvisa, in diversi passaggi, l’adesione al punto di vista dell’autore di violenza, mentre manca la lettura dell’asimmetria di potere, fondamentale linea di distinzione tra violenza e conflitto". Inoltre, "vengono posti sullo stesso livello la vita delle donne e gli interessi economici dell’autore di violenza, un’equiparazione inaccettabile che lede la dignità delle donne vittime di femminicidio".

Infine "anche la paura delle due donne viene negata e banalizzata: nella sentenza di parla di vaghe e generiche minacce senza mai considerare che Salvatore Montefusco fosse in possesso di numerose armi". "È preoccupante – commenta la presidente del coordinamento Laica Montanari – che in un passaggio della sentenza, si rilevi che Gabriella Trandafir fosse talmente libera da poter uscire la sera senza dare spiegazioni al punto che Salvatore Montefusco aveva dovuto mettere un Gps per sapere dove lei andasse".

Alla rabbia, concludono i 15 Centri emiliano-romagnoli "si unisce la preoccupazione. L’impatto che una notizia di questo tipo può avere su una donna che si trova a vivere una situazione di violenza è devastante. Consapevoli di questo, ci teniamo a ribadire: non siete sole", concludono.

Sul tema interviene anche Simonetta Matone, ex magistrato e ora parlamentare della Lega: "Il messaggio che arriva è orribile. E se uno legge frettolosamente i giornali che ne parlano, sembra quasi che la colpa sia implicitamente delle due donne uccise. Si può condannare all’ergastolo e poi applicare le attenuanti generiche con un processo motivazionale accurato e inattaccabile. Qual era il livello di esasperazione di cui si parla nella motivazione? La vittima aveva denunciato il marito 13 volte per maltrattamenti. Lui si è presentato a casa con un fucile, quindi è evidente che si sia trattato di un’azione meditata. Le parole in queste vicende pesano come macigni e vanno usate con cautela".