VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Estorsioni e caporalato, sui social i video dei pestaggi. Mazze e Kalashnikov: così terrorizzavano le vittime

Ogni azione della banda veniva poi condivisa in rete, insieme ad immagini con armi e auto di lusso. Fu un lavoratore a denunciare, gli indagati risultati iscritti al Si Cobas sono stati immediatamente sospesi

Modena, 1 maggio 2024 – Squadroni di uomini con Kalashnikov stretti tra le mani, alternati a mazze da baseball e mazze chiodate. Pestaggi cruenti in mezzo alla strada, con vittime sottoposte ad atroci violenze; prese a calci, pugni, sprangate.

I componenti dell’associazione AK- 47 Carpi postavano ogni loro azione sui social network, al fine di mostrare il proprio potere e predominanza ma anche di far capire a chi cercava di ‘sfuggire’ ai loro diktat che di armi ne avevano parecchie e i video del ‘boss’ del sodalizio in Pakistan lo dimostravano.

Proprio la rete è stato uno degli elementi chiave delle indagini sull’associazione a delinquere stroncata dagli agenti della questura di Modena.

Alcune immagini dei membri del sodalizio con armi in pugno e, a sinistra, un episodio violento
Alcune immagini dei membri del sodalizio con armi in pugno e, a sinistra, un episodio violento

Infatti le analisi delle informazioni presenti in diversi social network, acquisite dagli uomini esperti della Digos hanno consentito di individuare l’intero gruppo "AK47 Carpi o AK47 Gang". Nei profili dei membri dell’associazione erano presenti alcuni filmati e fotografie in cui i componenti del gruppo si mostravano in atteggiamenti minacciosi, impugnano bastoni e mazze ferrate appunto e ostentando in più occasioni ingenti disponibilità di denaro e auto di lusso.

Più volte, ma per brevi periodi di tempo, soprattutto il referente principale del sodalizio ha postato sui propri profili immagini in cui il gruppo impugnava armi da fuoco, in particolare fucili automatici del tipo AK-47 Kalashnikov, con il chiaro intento di ostentare la loro supremazia ed incutere ulteriore e profondo timore nei confronti dei lavoratori ‘controllati’.

La Digos di Modena, diretta dal vice questore Valeria Cesarale, insieme agli agenti del Commissariato di Carpi, diretti dal vice questore Paola Convertino, sotto la direzione della procura hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere (Foto Fiocchi)
La Digos di Modena, diretta dal vice questore Valeria Cesarale, insieme agli agenti del Commissariato di Carpi, diretti dal vice questore Paola Convertino, sotto la direzione della procura hanno dato esecuzione a due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere (Foto Fiocchi)

Era stata proprio la denuncia di un lavoratore, rappresentante sindacale aziendale Si Cobas a dare impulso alle indagini. L’uomo, ad aprile del 2021 si era presentato al Policlinico dopo essere stato pestato a sangue dai membri dell’associazione.

Lo avevano colpito con pezzi di marmo, bidoni della spazzatura ed altri oggetti per motivi a suo dire legati all’attività sindacale ma anche a motivi razziali: non rispettava la religione musulmana. L’episodio, era emerso, era maturato nel corso di un’assemblea di coordinamento del Si Cobas: il giovane aveva voltato le spalle a quel gruppo interno al sindacato il cui comportamento era assolutamente contrario all’ideologia propria del sindacato, dal momento che dava vita ad episodi di violenza e minacce, secondo la vittima, alimentando un sistema corrotto.

Per questo motivo in venti lo avevano massacrato di botte tanto da cagionargli lesioni per 166 giorni di prognosi. Tutti erano stati poi sospesi.

La maggior parte degli indagati era dipendente di una società di servizi logistici legati al movimento di merci con sede nel Vicentino, che ha in appalto la manodopera dei corrieri nelle aziende modenesi. C’era un rapporto privilegiato tra il referente principale del gruppo e quello che secondo gli inquirenti è l’amministratore occulto della società vicentina, a sua volta indagato.

In virtù di questo rapporto, i membri avrebbero così dato vita all’attività di caporalato.

Secondo le accuse, gli indagati avrebbero poi utilizzato il sindacato SI.Cobas per propri fini economici. "Facciamo da sempre battaglie per garantir e diritti e dignità ai lavoratori e non possiamo certo far finta di niente: per noi queste, se confermate, sono cose inaccettabili – afferma Tiziano Loreti, coordinatore Si Cobas Modena –. Conoscevo alcune di queste persone poiché abbiamo fatto una vertenza insieme, essendo coordinatore di Modena ma non immaginavamo certo ci fosse una situazione del genere. Se i fatti fossero così, rappresenterebbero sicuramente un grosso problema. La prima cosa che abbiamo fatto oggi (ieri, ndr) è stata quella di inviare una Pec alle società interessate, affermando che tra i nostri iscritti figurano arrestati, gli stessi sono sospesi con effetto immediato. Ovviamente abbiamo preso le distanze da quanto accaduto perchè per noi è una cosa inimmaginabile – continua –. Dovremo capire e valutare se effettivamente i fatti sono andati come emerge dagli atti e sicuramente vi sarà un’opera di controllo e vigilanza".