Ferrari e la battaglia psicologica di Strindberg

L’attore porta sul palco dell’Attozero ’Il Padre’ del drammaturgo svedese: l’ossessione di un uomo per la sospetta infedeltà della moglie

Ferrari e la battaglia psicologica di Strindberg

Ferrari e la battaglia psicologica di Strindberg

di Stefano Marchetti

Andrea Ferrari lo conosciamo bene: ci fa divertire e ci regala serate di autentica leggerezza con le sue irresistibili caratterizzazioni, come quella del Notaio. Ma sarebbe ingiusto ‘incasellarlo’ nel ruolo – pur straordinario – di attore comico e brillante, perché Ferrari ha talento ed esperienza anche e soprattutto nella prosa classica: ce lo ha dimostrato, per esempio, nei ’Sei personaggi’ pirandelliani o nello struggente ’Le ultime lune’ di Bordon. Ora, mentre festeggia 25 anni di carriera, Andrea Ferrari affronta con la sua compagnia un altro classico potente, ’Il Padre’, dal testo del drammaturgo svedese August Strindberg: debutterà sabato alle 21 al teatro Attozero di via Nicolò Biondo a Modena, con replica domenica 21 alla stessa ora. In scena con Ferrari Anna Stroppiana, Loredana Fornelli, Elena Barzaghi, Fabrizio Pifferi, Mario Saverio de Candia e Daniel Dalmazio.

Nel testo del 1887 Strindberg esalta la guerra fra sessi, una battaglia psicologica che sfocia in un finale drammatico. Un uomo, l’intransigente Capitano, si scontra con la moglie sull’educazione della figlia, e lei riesce a colpirlo nel suo dubbio più intimo: se sia lui (oppure no) il padre della ragazza. Corrosa da questo tarlo, la mente del Capitano franerà nella pazzia. "Ho conosciuto il testo in gioventù, ai tempi degli studi artistici – ricorda Ferrari –. Corsi subito in una libreria a comprare il libro e ne rimasi folgorato, promettendomi di riuscire un giorno a portarlo in scena". Sulla fascinazione per ’Il Padre’, aggiunge l’attore, "credo che abbia influito molto la mia esperienza decennale di ex infermiere psichiatrico. Quei gesti, quelle parole, quei silenzi, quegli sguardi io li ho visti davvero e li ho vissuti con i miei malati".

Sono passati trent’anni, "e ora ci sono età anagrafica, esperienza di vita ed esperienza artistica giuste per affrontare questo lavoro, pur non essendo né marito né padre – dice ancora Andrea Ferrari –. Ma non è necessario essere sposi o genitori per avvicinarsi al ‘Padre’: dare voce a quest’opera oggi significa rappresentare l’alienazione dell’umanità, la sua solitudine, il suo degrado e soprattutto il suo inganno", spiega Ferrari a proposito del classico che porterà sabato al teatro Attozero.