
di Maria Silvia Cabri
Era destinata proprio a lui la piccola Alba, bambina con la sindrome di Down rifiutata prima dalla madre, poi da trenta diverse famiglie. Lui è Luca Trapanese, napoletano, papà single di 45 anni, che alla sua piccola ha anche dedicato un libro, ‘Nata per te’, che sarà presentato domani alle 21 in Auditorium Loria a Carpi (via San Rocco 1), nell’ambito del Festival internazionale delle Abilità Differenti, promosso dalla Cooperativa sociale Nazareno. Nel 2017 Luca ha deciso di adottare Alba a soli 13 giorni di vita, ponendosi come il primo single in Italia ad aver inaugurato il registro speciale per le adozioni dei single, adottando una neonata portatrice di trisomia 21. Ispirato dalla sua fede cattolica, ha realizzato molti progetti legati alla disabilità. Di ‘Nata per te, storia di Alba raccontata fra noi’, scritto a quattro mani con Luca Mercadante, si stanno svolgendo a Napoli le riprese cinematografiche.
Luca, come è nato il libro?
"Dalla voglia di parlare di paternità, genitorialità e soprattutto della scelta di adottare un bambinoa disabile. Il desiderio di raccontare una scelta, la mia, che non deve essere catalogata come ‘buona azione’, ma frutto di un percorso lungo 30 anni".
Alba è "nata per te"?
"Lei per me e io per lei: non mi immagino più senza Alba, è impossibile. Alba mi ha salvato, ha dato un senso a tutte le cose che faccio. La vita oggi è più colorata: è una bambina serena, amata e felice. La gente ci dice spesso che siamo speciali, io invece lotto quotidianamente per affermare il contrario, e cioè che siamo una famiglia esattamente come lo sono tutte le altre. Siamo una luminosa eccezione alla regola delle adozioni, che è ammessa dalla legge italiana solo perché Alba ha una grave disabilità".
Nel libro fa riferimento alle imperfezioni…
"Le vite perfette non esistono, siamo tutti ‘difettati’ e unici, e nessuno può arrogarsi il diritto di dire chi o cosa è normale. Proprio partendo da questa consapevolezza dobbiamo trovare ciò che ci rende felici. A tal fine occorre conoscere i proprio limiti, ma soprattutto che gli altri siano capaci di percepire quei limiti non come problemi ma opportunità".
Accade spesso?
"No. Siamo continuamente tempestati da messaggi di perfezione: del corpo, della vita, del lavoro, della famiglia. Nessuno mai dice che la serenità, la felicità sono determinate da quello che si è. Non esiste il binomio disabilità uguale a infelicità".
Come si pone la società in questo contesto?
"Spesso è impreparata e anche ignorante verso i bisogni delle persone, incapace di dare le giuste risposte alle famiglie con figli disabili. Ancora non si distingue tra disabilità e malattia: da quest’ultima si può guarire. Alba invece non è malata. Manca un progetto unitario dello Stato: è urgente che la politica sociale e del lavoro acquisisca la consapevolezza delle necessità e crei risposte e percorsi che mettano al centro il disabile, dall’accertamento della disabilità alla scuola, al lavoro, al Dopo di noi: nel 90% dei casi le soluzioni vengono da associazioni private".
Ha incontrato difficoltà o preconcetti quando ha deciso di adottare Alba?
"No, perché molte coppie non l’hanno voluta in quanto down. Il Tribunale ha valutato la mia casa, la capacità economica e ogni mese ci sono stati i colloqui con gli assistenti sociali. Ma non ho mai ricevuto giudizi negativi. Se fossi andato all’estero per tornare poi con un figlio, sarei stato bersagliato dalle critiche. Invece Alba è una bambina down e io l’ho adottata: in molti vedono in questo un gesto di carità quando invece è il frutto della mia vocazione alla paternità".